Solo 144 pagine

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L'esistenzialismo è un umanismo

Solo 144 pagine sono bastate a Jean Paul Sartre per scrivere un’opera etico-filosofica che è un po’ il vangelo dell’esistenzialismo ateo, “L’esistenzialismo è un umanismo”. Sarebbe utile di tanto in tanto riscoprire questi testi anche se non si è avvezzi alla filosofia. Si può farlo in una maniera “leggera”, si può saltare da Kant a Hegel a Cartesio e arrivare a Sartre senza pretendere di seguire un percorso lineare. La confidenza con la speculazione del pensiero filosofico arricchisce persino quando l’approccio non segue un metodo e non è  sistematico. Quel che conta è la possibilità che abbiamo di rileggere il presente attraverso lo straordinario strumento di ricerca che i filosofi ci hanno messo a disposizione. Recensire in questo blog un saggio come “L’esistenzialismo è un umanismo” non ha altra pretesa.

L’opera in questione tratta con estremo rigore e con concretezza umanistica quella che è l’essenza dell’essere umano, la libertà. La libertà intesa in un senso che probabilmente oggi si fa fatica a comprendere, perché siamo abituati a concepirla  come il semplice diritto di fare e dire quel che sentiamo. Per Sartre il concetto di libertà è l’opposto: è un’assunzione di responsabilità assoluta delle azioni che si compiono, è un valore che impegna tutti gli uomini e che genera anche una buona dose di angoscia. La morale di tale libertà per l’ateo parte dalla consapevolezza di non avere scuse. L’uomo sartriano è colui “che non ha nulla dietro di sé, né davanti a sé”, egli è misero e grande al contempo. Misero perché privo di un Dio, terribilmente solo. Grande perché quella solitudine gli regala una libertà infinita, il potere di essere totalmente responsabile di tutte le sue azioni, senza scuse e senza giustificazioni. L’uomo “è condannato in ogni momento a inventare l’uomo”. Nella morale sartriana non esistono regole precise a cui attenersi, non ci sono leggi né princìpi inviolabili, l’individuo da solo di volta in volta deve saper scegliere come comportarsi e l’unica direzione che può seguire è quella del bene, anche affidandosi all’istinto e ai sentimenti, ma senza mai usare questi ultimi come una scusante. Per Sartre il determinismo è inconcepibile e colui che se ne inventa uno facendosi scudo delle proprie passioni per giustificarsi è un uomo da poco. “Quello che noi scegliamo è sempre il bene, e ciò che è un bene per noi lo è per tutti”. Molto socratico: per Socrate tutti si sentono nel giusto e nel vero quando agiscono in un certo modo e se per caso fanno del male lo fanno perché ignorano il bene. L’etica Sartriana spinge quella kantiana a calarsi nella storia perché le concede l’attributo più importante, quello dell’azione, la quale non può essere mai gratuita perché coinvolge l’intera umanità. La libertà altrui dipende dalla nostra, la nostra dipende da quella altrui, che non è come dire “la mia libertà finisce dove comincia quella degli altri”: questa asserzione si riferisce all’uomo come entità separata che quando agisce deve badare a non occupare o invadere lo spazio altrui. La libertà di azione dell’uomo sartriano deve piuttosto coincidere con il bene per sé e per la collettività. Con questa fede l’umanismo di Sartre salva l’essere umano dalla disperazione e gli attribuisce la capacità di progettare il presente, il futuro, la storia. L’uomo non deve farsi sopraffare dallo stupore di esistere perché ha una coscienza.

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