Pronti alla moviola in campo?

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Pronti alla moviola in campo?

Ecco cosa disse Mancini, giustificando Mihajlovic per insulti razzisti a Vieira in occasione di un Lazio-Arsenal di Champions League: “Sinisa e Vieira sono due ragazzi intelligenti, credo che possano superare le tensioni e finirla. Nel corso di una partita – ha spiegato – l’agonismo esasperato puo’ portare a momenti di tensione e di grande nervosismo. Credo che anche qualche insulto ci possa stare. L’importante e’ che tutto finisca li”.  

Pronti alla moviola in campo? Pronti allo shock culturale? Noi siamo pronti, ma è sicuro che calciatori, allenatori e arbitri siano pronti? Salvo eccezioni rarissime, non ce n’è uno che si salvi, in campo. L’atmosfera è maschia! C’è bisogno di dirlo che gli insulti omofobi e sessisti e razzisti e i gestacci hanno rotto le scatole? Facciamola finita con la condiscendenza verso le persone – talvolta nemmeno omofobe o sessiste – che quando litigano o discutono con un avversario gli danno del frocio oppure danno delle troie alla madre, alla moglie e alle sorelle. D’altra parte quando si tratta di offese alle donne – si sa – nessuno spende una parola.

Detto questo, a me Mancini fa ridere, anche se ha ragione. Per la serie “c’è sempre una prima volta”, dopo che Sarri gli ha dato del frocio l’abbiamo visto cadere dal pero: era sconvolto, pareva addirittura sul punto di piangere, come se durante la sua lunga carriera di calciatore e di allenatore mai e poi mai gli fosse giunta all’orecchio la parola finocchio, dimenticando di avere egli stesso dato del “frocio di merda” a un giornalista durante una conferenza stampa nel 2001. I tempi sono cambiati, allora Mancini si è svegliato puro, simile a uno scolaretto spione, si è improvvisato paladino politically correct degli omosessuali. Il 19 gennaio diventerà una data importante per lui e per il calcio, la data della svolta.

“Da quando c’è il politically correct né le donne né gli extracomunitari né le persone lgtb hanno acquisito un solo diritto in più.” La considerazione è dello scrittore Amleto De Silva e apre uno squarcio nel velo dell’ipocrisia insopportabile che ci circonda. Non sto cercando attenuanti per l’indifendibile allenatore del Napoli, ha sbagliato e pagherà. Sto solo cercando di capire se lo sdegno nel mondo del calcio abbia regole tutte particolari che si decide di riesumare secondo l’umore. Sarri è perfino recidivo, eppure la sua prima esternazione omofoba passò quasi sotto silenzio, come quelle di molti altri. Che coerenza c’è? Sapete cosa può succedere se un giocatore dichiara apertamente la propria omosessualità? Che finisca in panchina e che l’anno successivo lo si venda a un’altra squadra. Come mai queste cose i presidenti, gli allenatori e i calciatori non le raccontano?

Mancini e gli altri dovrebbero chiedersi perché CarloTavecchio è il Presidente della Figc, perché occupa quel ruolo malgrado abbia espresso opinioni all’indirizzo di gay ed ebrei sufficientemente tragiche da suggerire la sua immediata uscita dalla scena. Tavecchio è il degno rappresentante di un mondo in cui tutto si muove – spesso con metodi illeciti e sporchi – intorno al denaro (di questo però nessuno si scandalizza), un mondo in cui tutti gli atteggiamenti sono improntati alla supremazia, al dominio sugli avversari.

Il modo di parlare, i comportamenti violenti non si giustificano mai, si devono inquadrare in un contesto che ha determinato e continua a determinare una mentalità che è una precondizione: la parola omofoba o razzista o la testata nel petto di un avversario sono il risultato finale di una costruzione che sta a monte e che determina una totale separazione tra il momento agonistico e la percezione reale del mondo fuori, della società. Quando un calciatore o un allenatore sbarellano lo fanno in base a un diverso valore comunicativo che gli insulti assumono nello spazio circoscritto del campo di gioco, nell’ambito della furia agonistica da competizione. Non ho vinto la partita? Ho subìto un’ingiustizia da parte dell’arbitro? Scatta la necessità di sopraffazione, il desiderio di vendetta. Mancini lo sa benissimo, quindi ciò che ha fatto è strumentale.

Naturalmente il figurone che l’italiano medio come Sarri fa di fronte a decine di telecamere non è solo lo specchio del sistema diversamente etico del calcio, è anche il corollario dell’andamento della società civile, del sentire comune. Riguardo all’atteggiamento di molti di fronte al popolo lgbt pensiamo piuttosto alla politica, alla chiesa, al cinema, alla televisione, alla scuola : è da lì che si comincia a correggere gli italiani, di conseguenza i tifosi, i calciatori e gli allenatori. La strada è lunga.

 

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