Integrazione è una parola

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Integrazione è una parola

Quando perdiamo il diritto di essere differenti, perdiamo il privilegio di essere liberi.
Charles Evans Hughes

“Houellebecq è il ritrattista terribile di questo Basso Impero che è diventata l’Europa dei pieni poteri consegnati ai mercati. L’Europa è morta, ecco perché i politici vogliono farla!” Michel Onfray

Integrazione è una parola. Michel Houellebecq, scrittore di grande successo, controverso e visionario, ha concepito nel romanzo “Sottomissione” un futuro in grado di inquadrare lo scenario europeo: la fine progressiva di un’era, di una civiltà ripiegata su se stessa da troppo tempo, incapace di agire e soprattutto di lottare. Houellebecq – malgrado le sue intenzioni – in questo periodo rappresenta lo stato d’animo generale degli europei e dei francesi. Quando gli è stata attribuita una qualche responsabilità per aver alimentato il clima di intolleranza verso l’Islam e per aver in qualche modo “favorito” Marine Le Pen, Houellebecq ha risposto: “Io mi sento sempre irresponsabile e lo rivendico, altrimenti non potrei continuare a scrivere. Il mio ruolo non è aiutare la coesione sociale. Non sono né strumentalizzabile, né responsabile.”

Dopo la pubblicazione del romanzo gli è stato chiesto se fosse islamofobo, e Houellebecq ha risposto con schiettezza che forse un po’ lo è, sottolineando che la parola fobìa significa paura, e che chi ha paura dell’Islam non è necessariamente né automaticamente un razzista: è solo molto preoccupato. Direi che partendo dalla paura il passo successivo è il razzismo tout court, e credo che lo scrittore lo sappia meglio di noi. Houellebecq – già nel 2002 assolto dall’accusa di incitamento all’odio razziale per aver dichiarato che “L’Islam è la religione più stupida al mondo” – ha raccontato di aver letto attentamente il Corano e di aver compreso che Islam non è sinonimo di violenza, e che le sacre scritture delle tre religioni monoteistiche sono assimilabili. “L’ibridazione con l’Islam è possibile con qualcosa che è davvero radicato in Occidente, il Cristianesimo. Mentre con il razionalismo illuminista mi pare inverosimile”, ha dichiarato.

In effetti al di là dello spreco di belle parole in questo momento l’unico tentativo di affratellamento – artificioso ma riuscito – è stato messo in atto dalla Chiesa cattolica e dalla comunità islamica che insieme hanno compiuto un gesto in risposta all’odio, alla violenza e ai separatismi. Il gesto di pregare uniti in chiesa ha un senso profondo che nessuno di noi in occidente sa e vuole cogliere appieno per una ragione molto semplice: riteniamo la religione in generale e la Chiesa cattolica in particolare completamente fuori moda, lontana, inutile, retrograda, quando non responsabile delle peggiori nefandezze.

A questo proposito vale la pena di segnalare un articolo apparso su Newsweek il 28 luglio scorso. L’articolo è di Jocelyne Cesari, che è docente di religione e politica nonché direttrice del centro di ricerche all’Università di Birmingham. Mentre la Chiesa e la comunità religiosa islamica si danno la mano, Jocelyne Cesari sostiene che il susseguirsi di atti di violenza in Francia sia una diretta conseguenza della difesa a oltranza della laicità, un valore imprescindibile e prioritario, caratteristico della società occidentale e particolarmente di quella francese. In Francia le istituzioni sono da lungo tempo impegnate a evitare che simboli, idee e pratiche religiose invadano la sfera pubblica. Si tratta di una cosa giusta e assolutamente condivisibile, eppure la Cesari sostiene che è proprio a causa della tutela della laicità attraverso la promulgazione di leggi che le istituzioni sono entrate di fatto nella sfera privata e intima dei musulmani: il divieto per le donne di indossare hijab, khimar, niqab e burkini (a Nizza e Cannes multano le donne che lo indossano per fare il bagno) e l’intolleranza sempre maggiore della sinistra e delle femministe verso la sottomissione femminile al capofamiglia hanno sancito – piuttosto che la cosiddetta integrazione – una divisione netta e insanabile tra due mondi. Nel paese, per ragioni di consuetudine storica e culturale, si chiude un occhio se qualche simbolo religioso cattolico o ebraico spunta qua e là mentre si vigila con estrema severità sulla comunità islamica. Questo – sempre secondo Jocelyne Cesari – ha provocato nei musulmani una sensazione spiacevole di isolamento e di persecuzione ideologica. Non si sentono compresi, sanno di essere malvisti e sopportati a causa delle loro credenze. Dovremmo dunque accettare tutto senza mai esprimere pareri? Dovremmo lasciare alle donne musulmane il diritto di coprirsi il volto? Se alcuni paesi europei – fingendo intenti umanitari fasulli – hanno bisogno di forza lavoro a basso costo per risolvere annosi problemi demografici non possono pretendere di modellare le persone all’occidentale. Merkel accoglie, ma prende i siriani simili a noi: di pelle bianca e cultura medio-alta.

Il problema non si può risolvere in nessun modo. Pretendiamo di emancipare i musulmani osservanti per renderli liberi e nello stesso tempo li temiamo, temiamo la loro prolificità, temiamo la fitta rete di valori e credenze che li avvolge e che noi non abbiamo più, temiamo che ci disprezzino, temiamo che essi abbiano una forza superiore alla nostra. L’integrazione dell’Islam in una società secolarizzata è solo una parola di cui si riempiono la bocca molte anime belle, ma non è possibile, non è pensabile. Proviamo a chiedere agli afghani o agli iracheni se aspirano o meno a diventare come noi: non ci tengono affatto. Bisognerebbe semplicemente auspicare una convivenza civile, che certamente non viene favorita dai divieti e dalle ghettizzazioni. Il filosofo Slavoj Žižek ha usato una metafora: vede l’Europa come un palazzo enorme abitato da persone di ogni colore e di ogni religione, tante persone diverse che sono vicine, che si ignorano completamente e che proprio per questo possono rispettarsi tra loro. All’interno del palazzo possono o meno nascere amicizie e legami profondi: non dev’essere una forzatura né un obbligo bensì un fatto casuale e naturale. Un bel sogno?  Ognuno di noi provi a pensare al proprio condominio: la risposta la trova subito.

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