Marianna Madia, una vita perfetta

Share

Marianna Madia, una vita perfetta

“La donna deve poter lavorare non perché deve fare carriera, ma per poter mantenere il figlio e far crescere la famiglia”, ha detto la ministra, facendoci immaginare devozioni e sacrifici da eroine d’altri tempi che non desiderano – non sia mai –  nulla per se stesse. Capiamo finalmente il perché dell’espressione ieratica sul suo volto: si sta anche lei immolando per il bene dei figli e della famiglia

Marianna Madia, una vita perfetta. Prima di riassumere la sua storia così come la stampa ce l’ha raccontata voglio partire da un dato di fatto inconfutabile: è molto bella. A lei fa piacere sentirselo dire dagli uomini “Sono una di quelle donne contente se un uomo fa un complimento sul mio aspetto“, ha ammesso con candore. Di origini calabresi per parte di padre e siciliane per parte di madre, è l’esatto contrario di ciò che nell’immaginario collettivo corrisponde all’avvenenza meridionale. Niente chioma bruna né sguardo di fuoco, nessuna sensualità prorompente. Madia è diafana, bionda, di una bellezza altera che non è moderna, non è vistosa, non è accessibile e non è comune, di una bellezza che attraverserà il passare del tempo indenne, perché è supportata da un’eleganza innata. Veste anche chic: un filo di trucco, un filo di tacco, un filo spettinata, con indosso appena un filo di glamour, ma è un glamour che pare ripassato con la carta vetrata a grana finissima, shabby, e sempre smorzato da non-colori come il bianco, l’avorio, il greige, il beige, il grigio, il fango, il nero.

E’ figlia di un giornalista e attore che era un caro amico di Veltroni. E’ nipote di un decano del giornalismo parlamentare, un cattolico fervente legatissimo alla Dc. E’ pronipote di un principe del foro, un deputato del ventennio fascista e poi del MSI di Almirante. Compagna e poi moglie di un produttore cinematografico vicino a Renzi. La mamma, bella come lei, ha avuto in passato una breve liaison con Vittorio Sgarbi, il quale chissà perché l’ha spifferato en passant in un’intervista a Vanity Fair. L’elenco delle parentele non è maschilista (avere dei congiunti di un certo prestigio è utile anche agli uomini), serve per capire che Madia, volente o nolente, per forza di cose ha frequentato molto bene, a cominciare dalla scuola francese a Roma – l’istituto Chateaubriand – dove vanno a studiare i rampolli snob. A poche settimane dalla laurea con lode in scienze politiche e ben prima del conseguimento di un dottorato in economia del lavoro a Lucca, incontrò a un meeting Enrico Letta, gli parlò, e lui di lì a poco la inserì all’Arel, dove Madia conobbe il figlio del Presidente Napolitano: i due si fidanzarono, ma l’amore finì.

Al funerale del padre, morto a meno di 50 anni, Marianna Madia fece un discorso commosso. Veltroni era presente in chiesa, rimase così incantato da telefonarle poco tempo dopo per complimentarsi. La inserì in politica e la fece eleggere alla Camera, tanto era l’entusiasmo. Era il 2008. Avendo probabilmente le idee confuse sul significato del termine “cambiamento”, la deputata Madia si è lasciata investire dalla brezza di tutte le correnti del suo partito, è passata da Prodi a D’Alema, da Bersani a Civati fino ad arrivare a Renzi. Ed ora è ministra per la semplificazione, a soli 33 anni e con alle spalle sei anni di carriera politica durante i quali non abbiamo mai sentito parlare di lei. Eppure di cose ne ha fatte:  ha lavorato in Rai con Gianni Minoli, continua a far parte dell’Arel, è nella redazione della rivista per la fondazione europea di D’Alema, tiene una rubrica sull’Huffington Post, ha presentato una notevole quantità di emendamenti ed interrogazioni al Parlamento, durante il governo Berlusconi fu tra quelli che non parteciparono al voto sullo scudo fiscale, che passò per soli 20 voti. Si giustificò dicendo che era andata in Brasile per una visita medica. Infine, per la cronaca, nel 2012 ha partecipato ad un film. Non sappiamo cosa ne capisca di PA, ma nel dubbio possiamo stare sereni, perché le hanno affiancato un vero esperto del settore, Angelo Rughetti. Nel caso ci pensa lui a erudirla.

La ministra è una paladina dei valori della famiglia tradizionale, è contraria all’aborto ed è contraria all’eutanasia. Secondo il suo parere l’aborto rappresenta un fallimento sociale, politico e culturale, e la famiglia che lei ha veramente a cuore è soltanto quella tradizionale, in cui un uomo e una donna fanno figli. Non si offendano le coppie omosessuali, né quelle eterosessuali senza figli, che evidentemente non assolvono al loro compito primario. “La donna deve poter lavorare non perché deve fare carriera, ma per poter mantenere il figlio e far crescere la famiglia”, ha detto, facendoci immaginare devozioni e sacrifici da eroine d’altri tempi che non desiderano nulla per se stesse. Capiamo finalmente il perché dell’espressione ieratica sul suo volto: si sta, anche lei, immolando per il bene dei figli e della famiglia.

Sull’Huffington Post si può leggere cosa pensava del caso Cancellieri-Ligresti. Per lei si trattò di un rozzo ed ingiusto linciaggio: la Cancellieri aveva solo svolto il suo compito. Madia dovrebbe rappresentare una novità nel panorama politico perché è giovane e perché è donna, ma di fatto è l’emblema di un vecchissimo rituale di stampo democristiano che ha stancato da tempo ma che resiste sfacciatamente, il frutto dei legami che si consolidano in un ambiente in cui tutti quelli che contano si conoscono tra loro, si adocchiano, si scambiano favori, si danno una mano. Un esempio di non-meritocrazia: se anche dimostrasse di essere bravissima e competente, il modo in cui è stata scelta è decisamente arcaico e opinabile.

[contact-form-7 404 "Not Found"]

Share
Precedente I bronzi di Riace e la munnezza Successivo La Giannini in topless