American way of life

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American way of life

Nel 1995 gli Stati Uniti rinunciarono al welfare annullando una legge di Roosevelt del 1935 che garantiva l’assistenza pubblica e consentiva democraticamente a tutti la possibilità di vivere decentemente e di migliorare le proprie condizioni. Ora è toccato all’Europa di percorrere la stessa strada: i tagli alla spesa pubblica e le privatizzazioni causeranno sempre maggiori disparità sociali e faranno aumentare gli indigenti.

American way of life. “Non mi capacito di cio’ che sta accadendo. Rinneghiamo la nostra storia, il sogno americano, riportiamo la poverta’ in America. Tra un decennio, reciteremo il mea culpa per gli orrori a cui condanniamo le famiglie prive di assistenza, per i bambini senzatetto, le vite senza scopo.”

Era il 1995 e la frase la pronunciò in Senato il democratico Patrick Moynihan, un vecchio figlio del New Deal che quasi si mise a piangere di fronte alla decisione – sessant’anni dopo – di abrogare la legge di Roosevelt sulla sicurezza sociale. Sono passati venti anni, e quel che Moynihan aveva previsto e temuto è accaduto: senza stato sociale negli Stati Uniti i cittadini che vivono sotto la soglia di povertà e che non hanno nulla sono poco meno di 60 milioni. Un grande paese spaccato a metà, da una parte i ricchissimi e quelli che ce la fanno, dall’altra coloro i quali non hanno più alcuna tutela e che non possono neanche sperare che per loro qualcosa cambi. La realtà è durissima, è crudele, e non bisogna farsi incantare da quei film in cui succede che la bella cameriera d’albergo sposi il miliardario, oppure che l’afroamericano di genio riesca a diventare un agiato imprenditore. Tutte sciocchezze, gli americani col cinema ci sanno fare, e cercano di illudere e consolare gli inconsolabili. Quella degli States è una società ormai statica, non esiste più la mobilità sociale e il “self made man” è un ricordo, chi nasce povero diventa ancora più  povero e chi nasce ricco arricchisce ancora di più. L’istruzione pubblica è molto scadente e quindi crea un gap insanabile tra i giovani che hanno possibilità economiche e quelli che non ne hanno: l’università pubblica del resto ha un costo annuo di circa 8000 dollari, e quel costo triplica se si sceglie di frequentarla non nel proprio Stato ma altrove.

Meno del 9% delle famiglie americane hanno messo soldi da parte per la vecchiaia, e quindi non possono neanche investire per il futuro dei figli, questo significa che l’assenza di stato sociale e le privatizzazioni hanno impoverito la middle class e di conseguenza hanno provocato un calo nei consumi. L’assistenza sanitaria è costosissima, e ci sono milioni di individui che non hanno alcuna possibilità di accedervi. Anche il trasporto pubblico è costoso: in una grande metropoli come New York la metro costa circa 30 dollari a settimana e 112 dollari al mese: è troppo per chi percepisce salari minimi e per chi ha trovato un lavoro precario. Le giovani generazioni difficilmente percepiranno una pensione, un giorno, così come è stato per i loro genitori, e se l’avranno sarà una pensione tassata e insufficiente a garantire una vita decente. Ah, dimenticavo: i sindacati sono stati completamente spazzati via.

Perché un sistema così orribile si sta affermando anche in Europa? Noi uno stato sociale ce l’avevamo, era qualcosa di cui andare fieri e che funzionava non soltanto dal punto di vista etico ma anche dal punto di vista economico e politico. All’improvviso ci hanno detto che la crisi non sarebbe mai passata se avessimo continuato a insistere con l’assistenza pubblica, col welfare, con i servizi gratuiti per i meno fortunati. Una menzogna. Nel nord dell’Europa lo stato sociale è sempre stato grandioso, ed è proprio lì che si sono accumulate le maggiori ricchezze nazionali. Ci hanno anche detto – per giustificare tagli vistosi alla spesa pubblica – che a causa della corruzione e dell’eccessiva evasione fiscale i paesi del sud dell’Europa non possono permettersi uno stato sociale, ma non è vero: se fosse vero bisognerebbe capire come mai nessun governo nazionale e sovranazionale è realmente interessato a sconfiggere corruzione ed evasione fiscale nei paesi come Italia, Spagna e Grecia. La corruzione fa comodo, dato che un paese senza regole permette a chi ha potere di muoversi a proprio piacimento, ma non solo: un paese senza regole rappresenta una più debole preda anche per gli investitori esteri. Del resto anche nel nord del nostro continente l’evasione fiscale dei super facoltosi esiste, è un fenomeno accettato e sostenuto anche da leggi ad hoc, e a questo proposito basti ricordare lo “scandalo morale” che coinvolse Juncker. Un provvedimento della UE consente di calcolare nel Pil anche i proventi del sommerso, e questo rafforza la convinzione che non vi è alcuna intenzione di lottare contro l’evasione e la corruzione.

Quando si parla di fine della democrazia si parla anche di questo: della troppa disparità sociale, dell’impossibilità per milioni di persone di crearsi opportunità per migliorare le loro condizioni o semplicemente per arrivare a fine mese senza patemi, della diminuzione drastica dei diritti per i lavoratori e di garanzie per i disoccupati, dell’abbandono dei più poveri a se stessi, dell’aumento dell’ingiustizia sociale. E’ di queste ore la notizia che S&P – l’agenzia di rating statunitense – mostra molta preoccupazione per le conseguenze economiche della sentenza della Corte Costituzionale riguardo alla legge Fornero: come dire che il dovuto ai cittadini pensionati va dimezzato per cause di forza maggiore. Sembra un macabro scherzo e invece è una notizia seria, da prima pagina, che va a coadiuvare al momento giusto le dichiarazioni del nostro premier. E’ l’american way of life, bellezze.

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