In Cina volano i droni

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In Cina volano i droni. Sempre più frequentemente. Il compito dei droni è importante: spruzzano sulle città sostanze in grado di neutralizzare gli agenti inquinanti. Il metodo è costosissimo e non risolve il problema se non per un tempo limitato, perché lo sviluppo e l’industrializzazione non si possono fermare, devono anzi essere inesorabilmente incrementati. Nelle grandi città l’aria è diventata irrespirabile, al punto che anche il turismo ne risente. Si vive in metropoli al limite dell‘inabitabilità, di tanto in tanto il governo riduce tutte le attività industriali, chiude le scuole e chiede alla popolazione di non uscire di casa. Poi si ricomincia, si indossano le mascherine antismog ed eroicamente ci si immola ogni mattina per la bandiera del successo tecnologico, per sostenere il Pil e per confermare il potere di un Paese cresciuto in pochi anni con una rapidità mai vista prima sulla terra. Non importa se il sole è nascosto da una cortina di nebbia fittissima, non importa se alla fine di ogni anno si contano un milione e duecentomila morti per cancro, neanche le statistiche sulle aspettative di vita possono arrestare il cammino: si campa cinque anni di meno, in compenso tra 20 anni la Cina sarà finalmente il paese più ricco del mondo. Sarà l’ombelico del mondo dove far scomparire il verde, la luce, dove la natura diventa un’intrusa, come un foruncolo o un porro.

In Cina ricchezza e sviluppo non servono al benessere dei cittadini ma al potenziamento dello Stato: è un lento e graduale genocidio a favore dell’industrializzazione. Le famigerate particelle pm 2,5, quelle che inquinano l’aria, non dovrebbero mai superare la soglia stabilita dall’Oms, che è di 25 microgrammi per metro cubo. Ormai i cinesi respirano un’aria che di quelle particelle ne contiene addirittura 500 microgrammi per metro cubo. Tutto questo danneggia le vite degli esseri umani ma anche tutte le piante, che rischiano di non poter compiere il processo di fotosintesi; l’agricoltura è seriamente a rischio. La sensazione è che una forma di ingiustizia sia stata sostituita da un’altra, più violenta ma anche subdola, perché indossa la seducente maschera del benessere. Qualcuno comincia a ribellarsi, un cittadino ha fatto causa al governo, il tam tam della paura risuona e fa proseliti. Il governo ha deciso di stanziare cifre sempre più alte per arginare i pericoli, promette soluzioni avanzate, come la costruzione di bolle gigantesche nelle quali rifugiarsi per respirare pulito, la conversione del trasporto su ruote che dovrebbe essere costituito soltanto da auto elettriche, eppure appare improbabile che l’asserzione del diritto ad essere i più ricchi e i più forti possa aprire spiragli e squarci di lucidità: meglio vivere in una camera a gas iperaccessoriata e tecnologicamente avanzata che fare un passo indietro.

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