Come trasformare il senso di una notizia

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Come trasformare il senso di una notizia

Roberto Saviano è stato accusato di plagio, ma la sua opera Gomorra è originale. Questa la sentenza della Corte Costituzionale. Per la stampa quel che conta è l’impronta che si vuole dare a un dato di fatto.

Come trasformare il senso di una notizia. A leggere i titoli che i quotidiani dedicano all’affaire Gomorra/plagio si ha l’ennesima conferma del fatto che una notizia possa cambiare completamente spostando o sostituendo due parole. Il Corriere della Sera ed il Mattino di Napoli hanno scritto “Plagio: accolto il ricorso di Saviano, Gomorra è opera originale”, mentre Vesuviolive e Fanpage titolano rispettivamente “La Cassazione condanna Saviano, ha copiato articoli di Gomorra” e “Saviano condannato in Cassazione: ha copiato tre articoli in Gomorra”, poi nell’articolo di Fanpage si legge anche che la Cassazione ha confermato la condanna “in gran parte”. Cosa dobbiamo pensare noi lettori, noi che abbiamo considerato e continuiamo a considerare Gomorra un gran libro, tanto da tentare inutilmente di difenderlo dal triste accostamento con la serie televisiva che l’ha fatto diventare solo un bel prodotto di consumo? Pensiamo che il libro in sé non è un plagio, ma contiene effettivamente tre articoli copiati – lo 0,6% di 331 pagine – dalle testate campane Cronache di Napoli e Cronache di Caserta facenti capo all’editore Libra. Copiare significa non citare la fonte. L’originalità del lavoro di Saviano non si discute, come ha affermato la Corte Costituzionale, tuttavia è impossibile per la legge non ammettere il plagio, perché un bel copincolla lo scrittore l’ha fatto. Se Saviano e Mondadori debbano o meno risarcire Libra, e per quale cifra, non ci interessa: in questa storia ci sono altri aspetti su cui vale la pena soffermarsi.

Roberto Saviano, che è lo scrittore più intoccabile del paese, non ha cessato di difendersi dall’accusa di plagio in questi anni e in queste ore attaccando i quotidiani da cui ha stralciato alcuni brani. “Anche se si tratta dello 0,6% del mio libro, non voglio che nulla mi leghi a questi giornali: difenderò il mio lavoro e i sacrifici che ha comportato per me e per le persone a me vicine”. Ci tiene moltissimo alla percentuale bassa, secondo lui è sufficiente copiare poco per non essere tacciati di plagio, che è come dire che uno stalker è poco stalker perché ha importunato la vittima solo due volte.  E’ una fortuna se non ha ancora detto “Mal comune mezzo gaudio”, visto che è in buona compagnia: il vizietto di copiare brani altrui ce l’hanno in tanti, scrittori e giornalisti noti. Saviano ci tiene moltissimo a ricordarci – un giorno si e l’altro pure – che ha sopportato e ancora sopporta di vivere una vita sotto scorta e sotto minaccia di morte proprio a causa di Gomorra. Sappiamo, capiamo, ammiriamo, ma non ce la facciamo più a reggere questo vittimismo e questo sbandierato eroismo. Vittimismo ed eroismo insieme si trasformano inevitabilmente in presunzione. Saviano non ama le critiche, le detesta tanto quanto detesta la camorra e le mafie. Gli succede sempre più spesso di bacchettare i suoi detrattori affermando che le nullità non possono far altro che tentare di sporcare o di offendere chi ha avuto successo. Peccato: ci sta indicando i confini tra lui e il personaggio, ci mostra il rapporto d’amore che ha deciso – forse suo malgrado – di intrattenere con la figura pubblica che incarna. Quasi si fosse pentito di aver troppo detto e concesso quand’era ancora un ragazzo, crede di dover pretendere un rispetto incondizionato. In fin dei conti è ingenuo, come solo un intellettuale idealista può: se non evocasse il suo valore esso risalterebbe con eleganza e noi saremmo grati piuttosto che annoiati.

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