Il crowdfunding e i prosumers

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Il crowdfunding e i prosumers: due parole che non sono ancora familiari a tutti ma alle quali faremo l’abitudine molto presto e  sempre di più. Sono legate all’economia alternativa che si sta facendo strada attraverso la crisi e malgrado evochino qualcosa di nuovo in realtà sono termini antichi, vengono da molto lontano, dal passato remoto. Il crowdfunding si fa in due modi diversi, c’è quello che collega pubblico e privato, lo Stato e i cittadini: Pulitzer nell”800 fece crowdfunding lanciando dal suo giornale una raccolta di fondi per completare il piedistallo di sostegno della statua della libertà e per pagarne l’installazione, vi parteciparono moltissimi cittadini ognuno secondo le sue possibilità e con grande entusiasmo, ma già un secolo prima ci sono stati esempi di crowdfunding. Ogni volta che c’era crisi istituzioni e cittadini si adoperavano insieme per raggiungere un risultato.

Tradotto in romanesco sarebbe più o meno “damose ‘na mano che è mejo”. Telethon per esempio è una forma di crowdfunding, e lo è anche la sciocca trovata delle docce gelate per raccogliere fondi a favore della ricerca sulla SLA. Il crowdfunding però è anche altro, molto spesso viene utilizzato dalla collettività per finanziare un progetto di civic economy, un’impresa che tenga conto della sostenibilità, una causa in cui si crede. Si servono del crowdfunding gli imprenditori più giovani che preferiscono metodi alternativi alle banche e appoggiano progetti ambientalisti ed ecologici adoperando una moneta alternativa. E’ il bene comune che si sostituisce al capitale e al profitto. Nel web ci sono molti siti dedicati ai progetti sostenibili: tutti possono proporre un’idea e aspettare che si facciano avanti i finanziatori, vale a dire le singole persone a cui quell’idea piace e che decidono di contribuire. In questo blog segnalo uno di questi siti, è in fondo alla lista dei link.

I prosumers sono quelli che producono e condividono servizi, li ha chiamati così Jeremy Rifkin nel suo ormai famosissimo libro La società a costo marginale zero. Rifkin sostiene che il sistema capitalistico non morirà, è vivo e vegeto, ma analizza il fatto che parallelamente ad esso è nato un nuovo sistema economico che praticamente annulla i costi. Secondo lui è in atto una rivoluzione paragonabile a quella dell’avvento dell’elettricità. Il merito è di Internet, che ha facilitato e velocizzato le cose. Attraverso la rete si è sviluppata una serie di rapporti di scambio che eludono il mercato: in rete si studiano le lingue gratis, ci si iscrive a corsi per migliorarsi senza spendere un centesimo, si fa cultura, si leggono libri, si guardano i film, si ascolta musica, si vendono e si comprano oggetti usati come abiti, calzature, mobili, elettrodomestici, automezzi, il tutto a prezzi molto bassi. Non solo: in rete ci si scambia delle informazioni, si condividono esperienze, si comprano prodotti agricoli biologici direttamente da chi li coltiva, ognuno si mette a disposizione della comunità in tanti modi diversi e sempre a costo zero. E’ la democrazia che arriva dal basso, è il “capitale sociale” che si contrappone a quello finanziario e che si prefigge due obiettivi importanti: una società più equa nei confronti di chi è più povero e l’ecologia come valore assoluto.

Si potrebbe dire che in questo momento ci sono due treni che corrono affiancati su binari paralleli: sul primo treno viaggiano il capitale e lo sviluppo, sul secondo le persone e il progresso, quel progresso che contempla il rispetto dell’ambiente e i diritti elementari degli individui.

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