Dalla culla alla tomba

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Dalla culla alla tomba. Lo Stato che accompagna il cittadino dal primo vagito fino all’ultimo respiro senza farlo sentire mai solo e abbandonato ce lo dobbiamo dimenticare. L’abbiamo già dimenticato da un bel pò, ma adesso è arrivato il momento di fare i conti col passato, lo dice il premier che è qui per rottamare e rottamerà. La privatizzazione dei servizi sociali è alle porte, carissimi. E’ un’imposizione a cui ci pieghiamo, volenti o nolenti, come si piegano gli elefanti davanti al domatore. Non saremo in grado di evitarla, purtroppo. Non potranno ostacolare questo progetto né le opposizioni in Parlamento perché non hanno i numeri né i cittadini o i sindacati, né le associazioni di categoria.

Si comincia subito, con la sponsorizzazione della scuola pubblica da parte dei privati, come fanno gli anglosassoni. In passato osteggiata e rifiutata, non sembra più un’idea opinabile perché l’acqua ci è arrivata ormai alla gola. La spending review ha costretto gli enti locali a sacrifici talmente duri che da soli basterebbero a giustificare la situazione attuale. A quei sacrifici vanno ad aggiungersi anche gli sconsiderati sprechi di soldi pubblici (feste, eventi, sagre, incompetenza, ruberie, mazzette, vitalizi ai consiglieri regionali giovani), l’ostinazione dei governi a privilegiare la scuola privata per obbedire alle pressioni della lobby ecclesiastica e infine l’assoluta mancanza di una pianificazione a lungo termine. L’istruzione è fondamentale, la scuola non può funzionare solo nelle regioni a statuto speciale o in qualche comune-modello, deve funzionare dovunque: è un diritto di tutti.

Se non in termini di visibilità – meramente pubblicitari – agli sponsor privati non dovrebbe arrivare alcun vantaggio. Se uno studio dentistico o un’azienda che produce latte e derivati piuttosto che un editore vogliono donare fondi alla scuola pubblica in cambio di una targhetta d’ottone sulle porte delle classi va bene, siamo costretti a prenderla come un’opportunità che arriva in extremis, la possibilità di andare a cercare il pelo nell’uovo non l’abbiamo, non ce la danno. L’importante è stabilire regole ferree e limiti. Casi del genere – pochi – si sono già verificati con alcuni benefici per bambini e insegnanti.

Il governo Renzi inoltre vuole rispolverare proprio tutti i progetti di Berlusconi e realizzarli, quindi nella riforma Giannini ritornano le famose tre “I” berlusconiane per una scuola efficiente e moderna: internet, inglese, impresa. Con quali soldi? Gli sponsor aprono il cuore degli ottimisti alla speranza, il nostro per la verità no. Ancora ridiamo per quelle tre “I”, sono passati più di vent’anni durante i quali non c’era questa crisi e nessuna deflazione e non se n’è fatto niente, figuriamoci adesso.

La ministra Giannini è piena di sorprese, un’originale. Questa estate ha fatto parlare di sé per aver esibito il primo topless di un’alta carica dello Stato nella storia della Repubblica. Poi s’è ritrovata i topi nel giardino della casa di vacanze e che ha fatto? Ha chiamato il sindaco di Pietrasanta perché provvedesse: anche questa è innovazione, per una questione del genere nessuno prima di lei aveva pensato al sindaco. Inutile dire che pure la sua riforma è piena di annunci di novità, ma molte di esse non si realizzeranno per mancanza di fondi. Diciamo che le cose buone resteranno annunci ancora a lungo in attesa di tempi migliori, quelle cattive le faranno in un battibaleno. Un esempio? Circa 400mila supplenti d’istituto tra breve potrebbero finire a casa a ingrossare le fila dei disoccupati.

 

 

 

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