Deridere Tsipras: non si aspettava altro

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Deridere Tsipras: non si aspettava altro

Jacque Sapir non ritiene – come la maggioranza degli osservatori – che Tsipras sia un traditore. E’ presto per esprimere giudizi. Il governo ha a disposizione quattro mesi prima che l’accordo scada, e saranno sufficienti a scongiurare ai greci un collasso definitivo e ingestibile. Solo allora Tsipras potrà accompagnare senza ulteriori traumi il suo paese verso la porta d’uscita dall’euro, e solo allora si saprà se le politiche di austerità tanto care alla Germania potranno continuare a sussistere.

Deridere Tsipras: non si aspettava altro che l’occasione per farlo, per poter dire “l’avevamo detto noi che era un bluff” e per tentare di ridimensionare il “problema Grecia”. La prima cosa da fare è rovesciare il punto di vista che stampa, politica e osservatori internazionali ci offrono: il problema non è la Grecia, è l’Europa, e continuerà ad esserlo in futuro. La seconda cosa da fare è ragionare sull’accordo raggiunto dal governo di Syriza all’eurogruppo senza lasciarsi convincere che ci siano già sul campo dei vincitori e dei vinti. E’ prestissimo per decretare la fine dei programmi di Tsipras, è prestissimo per affibbiargli la patente di traditore del popolo. Il governo greco non ha perduto la faccia, malgrado le affermazioni di Manolis Glezos, l’eroe partigiano che ha chiesto scusa ai greci per esserci cascato e per aver creduto a Tsipras. Glezos – che è un uomo passionale e probabilmente molto impulsivo – ha offerto la testa del leader ai media di tutto il mondo occidentale su un piatto d’argento ma sta correndo troppo. Vediamo perché.

L’accordo che Tsipras è stato costretto ad accettare per prendere tempo ha evitato di far sprofondare nel giro di qualche settimana i greci in un caos che avrebbe non solo portato il paese al completo collasso ma che avrebbe messo il governo nelle condizioni di non poter più agire nel breve e nel lungo termine. Si tratta di un accordo che è tutt’altro che definitivo, e questo nessuno lo sottolinea. Tra quattro mesi si rinegozierà, tra quattro mesi ne vedremo delle belle perché la Grecia uscirà necessariamente dall’euro e probabilmente a quel punto l’Europa comincerà a vacillare perché non è vero che una piccola, insignificante economia non abbia nessun peso specifico e non possa provocare nessun contraccolpo politico. Quattro mesi sono sufficienti per consentire al governo e alla Grecia di prepararsi a un distacco morbido e non traumatico.

In ogni caso checché se ne dica qualche piccolo risultato con l’accordo di venerdì scorso Tsipras l’ha ottenuto. L’avanzo primario del 3% è sparito, si dovrà solo pareggiare il bilancio, e non è cosa da poco. La troika, o meglio le istituzioni, non potranno più decidere in luogo del governo nazionale, che avrà facoltà di prendere provvedimenti e di stabilire quali riforme avviare e come, naturalmente chiedendo il parere alla UE ma non subendone i diktat così com’è stato fino a ieri. Il denaro ottenuto può servire a tenere sotto controllo le disfunzioni e a mettere a punto un sistema che tenga in piedi l’economia e non la faccia morire. E’ poco? Si, è poco, perché effettivamente per il momento la maggior parte delle promesse elettorali sono finite in cantina. Per il momento.

C’è un ultimo risultato per Tsipras, un risultato  che ha un suo valore storico non trascurabile: con l’ingresso sulla scena europea del premier greco, le patologie della UE sono diventate più evidenti per tutti, anche per i più distratti. Tsipras ha dovuto in parte cedere, non dopo aver smascherato le posizioni intransigenti e paradossali della Germania. Tsipras, come un tecnico geometra, ha finora ottenuto di mettere in evidenza la parte negativa di una costruzione, anche se non è riuscito ad allarmare seriamente gli inquilini del palazzo, i quali credono che la Grecia sia un caso a parte, credono che l’ala dell’edificio in cui essa risiede sia la sola parte lesionata e che nulla di quanto le capita possa mai capitare a loro.

I suggerimenti che provengono da Atene hanno in sé un carattere di universalità e sono in grado di produrre rinnovamento, o meglio sarebbero in grado di farlo se venissero presi in considerazione. Syriza da solo non basta, e lo si vede, bisogna che si crei un movimento che convogli le forze di Podemos e dell’Italia, se in Italia qualcuno o qualcosa di nuovo accadrà. A giugno potremo stabilire se Tsipras sia realmente un bluff oppure se la sua pazienza e la sua perseveranza siano servite ad accompagnare un popolo martoriato verso la Grexit senza versare altre lacrime.

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