Diva suo malgrado

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Diva suo malgrado

Silvana Mangano era una donna difficile da capire, misteriosa e schiva. A venticinque anni dalla morte (16 dicembre 1989) rimane un enigma indecifrabile, non per noi che abbiamo solo visto i suoi film ma per tutti coloro che la conoscevano bene

Diva suo malgrado, così disse di lei Giancarlo Governi. Silvana Mangano a venticinque anni dalla morte (16 dicembre 1989) rimane un enigma e un mistero, non per noi che abbiamo solo visto i suoi film ma per tutti coloro che la conoscevano bene, figlie comprese. Non ricordo chi fu a paragonare il suo bellissimo volto a una maschera kabuki. Credo sia una definizione perfetta: il teatro kabuki non usa le parole per comunicare sentimenti forti e tensioni interiori, un occidentale ha molta difficoltà a capire e a interpretare. Silvana Mangano era una donna difficile da capire, misteriosa e schiva, dolente e anche indolente.

La sua biografia – fino a un certo punto – descrive una vita in discesa, una vita come tante nel mondo dello spettacolo, apparentemente scontata e fortunata. Fino a un certo punto. Nacque nell’aprile del 1930 da madre inglese e padre siciliano. Da ragazza fece per un po’ l’indossatrice a Parigi, a 17 anni partecipò al concorso di miss Italia del 1947 e si classificò seconda, dopo Lucia Bosé. A Roma frequentò un corso di recitazione e in quel periodo conobbe Marcello Mastroianni, col quale ebbe una storia sentimentale, ma non si sa molto del loro rapporto. Silvana Mangano era giovanissima, aveva solo 19 anni quando incontrò colui che sarebbe diventato suo marito, il produttore cinematografico Dino De Laurentiis. Fece un provino per Riso amaro e lui la scelse, folgorato dalla sua bellezza prorompente. Riso amaro la consacrò subito diva, non si parlava che di lei, in Italia e oltreoceano. De Laurentiis era innamorato pazzo e la sposò. Ebbero 4 figli, un maschio e tre femmine.

Per un lungo periodo, il migliore della loro esistenza, lavorarono molto aiutandosi a vicenda: lui le diede l’opportunità di fare film importanti, lei con il suo successo contribuì ad accrescere la notorietà del marito. Gli intimi che frequentavano la loro casa raccontavano che la Mangano non avrebbe voluto recitare tanto, che anzi avrebbe volentieri smesso di fare l’attrice: era il marito a faticare per convincerla e a insistere, e lei che si sentiva riconoscente nei suoi riguardi – quasi in dovere – accettava, ma mai di buon grado. Mangano lavorò con i più grandi registi italiani, da Monicelli a De Sica, Lizzani, Bolognini, da Comencini a Visconti, a Pasolini, fino a Michalkov col quale girò Ociciornie accanto al suo primo amore, Mastroianni. Durante la sua sfolgorante carriera ottenne tre nastri d’argento e tre David. Con Visconti e con Pasolini instaurò un rapporto di profonda amicizia. Visconti la scelse per interpretare il ruolo dell’aristocratica madre di Tazio, ne La morte a Venezia. Per quel personaggio, che rappresentava la bellezza e la morte, il regista si ispirò alla propria madre. Per lui solo Silvana Mangano – elegante, diafana e sofisticata – avrebbe potuto somigliare alla donna che aveva in mente per quel film. Visconti la volle in Ludwig, ne Le streghe, in Gruppo di famiglia in un interno. Anche Pasolini voleva molto bene a Silvana, la comprendeva, diceva che tra lei e la vita ci fosse un vetro. La frequentazione con Visconti, Pasolini, Moravia e Rosi per la Mangano fu molto importante: sapeva di non essere colta e se ne rammaricava, non si sentiva mai all’altezza, desiderava migliorarsi e stare accanto agli intellettuali le faceva piacere. Il marito criticava e forse un po’ derideva questa sua sete di cultura, ritenendola probabilmente una velleità.

Tutti i mercoledì sera a casa De Laurentiis si cenava in compagnia di cari amici, come Monicelli e Sordi. Quest’ultimo adorava Silvana, ne era innamorato con discrezione, rispettosamente, ma tutti sapevano che lei fosse il solo vero grande amore della sua vita. A Silvana la vicinanza di Sordi faceva l’effetto di un toccasana: lui la faceva divertire e distrarre, le teneva compagnia. La Mangano era una donna introversa, faceva fatica a provare un reale piacere per la vita, probabilmente è stata sempre depressa: l’unico che riuscisse a farla sorridere era Sordi. De Laurentiis, geloso al punto da impedirle di recitare ne La dolce vita con Fellini perché riteneva il ruolo scabroso, di Sordi si fidava e non si lamentava della sua quotidiana presenza in casa. Del resto De Laurentiis era spesso assente. Con i figli la Mangano era fredda. La figlia Veronica – nota anche per aver scritto un libro autobiografico che suscitò grande curiosità – la definì gelida, poco affettuosa, irraggiungibile. Il figlio Federico era il prediletto, se non altro per affinità e somiglianza.

Intanto De Lurentiis era diventato negli Stati Uniti un produttore molto stimato e famoso, gli americani lo consideravano il Cecil B. De Mille italiano, e venne il momento di trasferirsi a Los Angeles. Il matrimonio era già in crisi, la Mangano era sempre più distante, le sue difficoltà interiori, mai espresse, avevano minato il rapporto con il marito, sempre molto innamorato e sempre più in difficoltà di fronte a quel vetro che la proteggeva e che diventava ogni giorno più spesso. Lontana dall’Italia la Mangano peggiorò, la depressione prese il sopravvento. Nel 1981 il figlio Federico, erede naturale del padre e alter ego della madre, morì in un incidente. Fu l’inizio della fine. Mangano tentò il suicidio, il marito e la figlia Veronica, allora quattordicenne, la salvarono. De Laurentiis col tempo si riprese, si buttò nel lavoro, trovò un’altra donna più giovane. Silvana Mangano non usciva più di casa, non riuscì a trovare più nulla che le restituisse la voglia di andare avanti. Il matrimonio era finito, la vita era finita con la morte di Federico. Si trasferì in Spagna, a casa della figlia minore Francesca. Lavorava tutto il giorno a piccolo punto, ogni punto era un pensiero: in quei ricami era racchiuso tutto il segreto intimo e profondo di una donna impenetrabile e triste. Si ammalò di cancro e morì a Madrid a 59 anni. Nella sua borsa conservò gelosamente fino alla fine tutti i bigliettini che il marito le aveva scritto durante il matrimonio.

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