Elena Ferrante l’inconoscibile

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Elena Ferrante l’inconoscibile

Elena Ferrante è un caso letterario che ha ricevuto apprezzamenti da tutte le più importanti testate giornalistiche d’oltreoceano e che suscita la curiosità di molti a causa del mistero sulla sua identità. Chi è? Probabilmente se lo sapessimo per lei (o lui) sarebbe l’inizio della fine.

Elena Ferrante l’inconoscibile è stata inserita dal Foreign Policy the global magazine of news and ideas – tra i 100 pensatori globali dell’anno appena trascorso. Con lei c’è anche Matteo Renzi. Ora, senza voler togliere niente a nessuno, per carità, di italiani che avrebbero meritato la pomposa definizione di pensatori globali secondo me ce n’è di migliori, nel senso che non mancano eminenti scienziati, straordinari quanto infaticabili ricercatori, artisti e anche scrittori di cui si conosce la faccia e la biografia ma che il mainstream ignora. Foreign Policy probabilmente sceglie i nomi più famosi, e che Elena Ferrante sia famosissima da noi e negli States è un dato di fatto inconfutabile. Vende vagonate di libri e suscita ormai da tempo una grande curiosità perché nessuno sa chi sia. Questa storia dell’anonimato ha contribuito notevolmente a rendere Ferrante un’autrice (o un autore) in grado di garantire sempre una posizione alta nelle classifiche di vendita dei libri. Per il suo editore è la gallina dalle uova d’oro.

Chi sia Elena Ferrante, come dicevo, non lo sa nessuno eccetto i coniugi Sandro Ferri e Sara Ozzoli, che sono per l’appunto gli editori dei suoi romanzi, con E/O in Italia e con Europa Editions in America. Di nomi a casaccio, per alimentare il gioco e accrescere il mistero, ne sono stati fatti parecchi. Domenico Starnone, sua moglie, i coniugi Ferri (Ferrante viene da Ferri?), la sorella di Ferri tanto per restare in famiglia, addirittura Goffredo Fofi e Guido Ceronetti: l’elenco è lungo. Ma infine cosa importa chi si nasconda dietro quel nome femminile? Potrebbe trattarsi di un gruppo di persone e non di un solo autore, perché la Ferrante è scrittrice davvero prolifica e c’è chi ha osservato che lo stile narrativo non è sempre omogeneo. Quel che conta è che la sua quadrilogia ha funzionato, che i romanzi piacciono e collezionano critiche favorevoli e complimenti a non finire. Se si facesse conoscere da tutti, Ferrante perderebbe una fetta del suo straordinario appeal, malgrado l’interesse mostrato dai lettori e da tutte le maggiori testate giornalistiche americane ne attesti il talento.

Pur non avendo mai letto un libro di Elena Ferrante – cosa che non credo farò in futuro – seguo con curiosità tutto il can-can fatto di articoli, recensioni, commenti, voci di corridoio e clamore che si è sviluppato intorno al personaggio perché ho un blog, quindi non mi è sfuggito un recentissimo articolo su La Repubblica che parla di lei.

Più che un articolo è un caloroso invito a partecipare al prossimo Premio Strega, naturalmente senza mostrarsi in pubblico e non accompagnando personalmente il libro. Elena Ferrante, stando alla tesi dell’articolo, romperebbe i soliti schemi e la monotonia insita in tutti i premi letterari, spezzerebbe la fitta ragnatela dei legami, delle raccomandazioni, delle sponsorizzazioni, dei giochi di potere e delle rivalità, caratteristiche del mondo editoriale e di un milieu culturale in cui se la cantano e se la suonano “entre eux”.

Per far questo c’è bisogno di scomodare una/o scrittrice/scrittore già in vetta alle classifiche, adorata/o oltreoceano, famosa/o che di più non si può? Mah, direi che la presenza in gara di un libro di Elena Ferrante lascerebbe il Premio Strega esattamente com’è, al massimo provocherebbe un po’ di rumore e un po’ di pubblicità: una spennellata d’internazionalità produrrebbe un’apparente rivitalizzazione dello spettacolo, come quando si tinteggiano le pareti di una casa vecchia. Elena Ferrante accetterà l’invito? Avvolta nel suo mistero è già un caso letterario, ha già un marchio di fabbrica, ha già una solida posizione e un folto stuolo di ammiratori. Quale sarebbe la novità, e in cosa consisterebbe la sorpresa? Per tutti gli altri partecipanti sarebbe partita persa a priori. Chi può competere con l’invisibile, con l’assenza, con un perenne presente che mancando di una denominazione d’origine s’allarga fino a contenere passato e futuro insieme?

Per farla finita sul serio con la prevedibilità dei premi letterari e con certe consuetudini mortificanti per gli scrittori basterebbe prendersi la briga di andare a scovare un fantasma, un giovane e anonimo talento – non per scelta ma per destino – uno lontano dall’adrenalina delle centrali dell’editoria, uno che non abbia mai partecipato agli eventi letterari o alle cene, uno che non appartenga a una qualche parrocchia né che sia amico di persone note. Assumersi la responsabilità e il piacere di scommettere sul successo di un outsider senza protezioni e senza appoggi rappresenterebbe la vera grande novità, non espugnerebbe la fortezza ma almeno aprirebbe una breccia. Insomma, un premio letterario deve considerare la cultura e la letteratura un valore di per sé, e non un valore di mercato.

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