Erri De Luca né mandante né mandato

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Erri De Luca né mandante né mandato

Il 28 gennaio avrà luogo a Torino il processo a Erri De Luca, incriminato per istigazione a delinquere.

Erri De Luca né mandante né mandato: “Quello che ho detto e fatto è opera della mia sola volontà e mostrandomi di persona. Nessuna circostanza della mia vita può servire a farmi passare da mandante o da mandato. Se c’è da andare pure a quel paese, mi ci spedisco da me. Se avessi inteso il verbo sabotare in senso di danneggiamento materiale, dopo averlo detto sarei andato a farlo.” La parola incriminata è il verbo sabotare. Sabotare viene dal francese saboter, che deriva da sabot, zoccolo. Secondo la definizione di Treccani e di qualunque altro dizionario della lingua italiana il verbo non si riferisce esclusivamente ad atti distruttivi di macchinari, impianti, edifici pubblici, fabbriche. In senso figurato ha più di un’accezione, lo sappiamo bene. Riporto qui quanto è scritto su Treccani : “fig. Intralciare la realizzazione di qualche cosa, o fare in modo che un disegno, un progetto altrui non abbia successo: s. un’iniziativa; s. un negoziato; il vasto programma di riforme del direttore è stato sabotato dal consiglio di amministrazione. Anche, svalutare, denigrare lavorando male e con scarso impegno o non facendo quanto si dovrebbe fare: il comportamento di molti funzionarî aveva lo scopo di s. l’immagine dell’azienda.”

Le proteste no-Tav vanno avanti da almeno una ventina di anni: Erri De Luca può essere incriminato per istigazione a delinquere? La realtà è che in Italia uno scrittore non può esprimere il proprio dissenso in merito a una questione che il potere ha voluto trattare con inusitata severità fino al punto di considerare il popolo no-Tav eversivo e in alcuni casi terrorista. Anche sul significato dei termini “terrorismo” ed “eversione” ci sarebbe molto da dire: l’eversione comprende atti violenti contro l’ordine costituito per rovesciarlo, capovolgerlo, dunque nel caso specifico è una parola inappropriata, non ha nulla a che vedere con i no-Tav. Quanto al terrorismo, l’accusa volta ad alcuni cittadini no-Tav è caduta in sede processuale, e non poteva essere altrimenti. Se i timori dello Stato italiano riguardano le possibili infiltrazioni di schegge impazzite e di violenti in seno al popolo no-Tav ciò non giustifica l’accanimento che va avanti da molti anni e non si placa. Gli infiltrati – e la storia italiana ce lo insegna – potrebbero provenire da qualsiasi parte e servire solo a screditare un movimento che non contempla affatto l’uso della violenza e che ha sempre chiesto invano un dialogo con le istituzioni. Più di mille procedimenti a carico dei no-Tav ci mostrano chiaramente che l’intento è la neutralizzazione di quella protesta, e non importa se la stragrande maggioranza delle dimostrazioni sia stata e sarà sempre basata sulla pacifica resistenza, e non importa se la grande opera sia effettivamente dannosa, non importa neppure che probabilmente non verrà completata mai.

Reagire alla militarizzazione della Valsusa serve esclusivamente a proteggere luoghi e individui dall’inquinamento, dall’amianto, dall’uranio, da uno scempio inutile sia dal punto di vista economico che di sviluppo del paese, dalle infiltrazioni mafiose che sempre si verificano in Italia quando si tratta di grandi opere. Erri De Luca definisce le proteste dei valsusini “il punto più alto della coscienza civile” degli italiani. L’opinione pubblica è stata condizionata e male informata nel merito. Non si può dire che stampa e intellettuali si siano mobilitati in massa senza se e senza ma per difendere lo scrittore e per condividere il suo pensiero: i cittadini e tutti coloro che partecipano alle battaglie per l’ambiente sono stati molto vicini a De Luca e lo hanno supportato con numerose iniziative spontanee. Si sono schierati dalla sua parte senza fare distinguo Marco Revelli, Vattimo, Ferrero, De Magistris, Alex Zanotelli, Latouche, e poi Dario Fo, Bollier, Ken Loach i quali hanno firmato un esposto presentato dalla Valsusa. Se avessi escluso dall’elenco anche altri venti o trenta nomi ciò non fugherebbe il dubbio che a De Luca sia mancata una reale e compatta solidarietà: tutti coloro che in questi giorni si sono affrettati a difendere la libertà di opinione identificandosi con slancio con Charlie Hebdo, hanno dimenticato di difendere nel proprio paese un intellettuale che non ha esitato ad affiancare i cittadini che tentano di far valere un diritto. Il reato d’opinione, ripristinato in onore di Erri De Luca, evidentemente non scandalizza.

I francesi, che stanno dall’altra parte del traforo, sono stupiti e indignati per il trattamento che è stato riservato a un uomo la cui biografia testimonia un alto senso etico. Erri De Luca è un uomo mite e gentile, sa usare le parole con molta attenzione perché ne ha un grande rispetto. De Luca non ha espresso un’opinione, dato che le opinioni possono essere confutate e discusse: ha espresso un’idea, e le idee non sono plastilina o creta, che uno le prende e le rimodella come gli pare. Un’idea ha un peso e un valore, e lo scrittore – che non è un impulsivo – deve aver ben meditato prima di esporla e di esporsi. La sua è una convinzione, appunto. Lo ha scritto chiaramente. E nel suo pamphlet “La parola contraria” afferma :

“Non sono incriminato per avere fatto, ma per avere detto. Non devo difendere una circostanza del mio passato, ma le mie frasi. Rispondo a difesa dei miei libri: in quale di essi ho istigato a commettere dei reati? Non nella mia vita, ma nelle mie pagine gli accusatori sono tenuti a trovare riscontri di precedenti istigazioni. Considero un abuso di potere qualunque argomento che coinvolga la mia biografia di cittadino. Qui si processa uno scrittore per le sue frasi.”  Questo passaggio è molto importante: il passato remoto dello scrittore non deve essere usato come scusa per attaccarlo oggi. Oggi egli deve rispondere di una frase. E ancora, ecco cosa si augura De Luca: “Che la linea Tav in Val di Susa possa essere sabotata, che possa non sbucare dall’altra e da nessuna parte. Che possano finire i fondi pubblici destinati all’affarismo di aziende collegate ai partiti. Che un governo di normali capacità di intendere e volere la lasci incompiuta, come già altri 395 (trecentonovantacinque) grandi lavori in Italia. Che possa essere dichiarata disastro ambientale e i suoi responsabili perseguiti per questo. La linea Tav va sabotata: la frase rientra nel diritto di malaugurio.” 

Il prossimo 28 gennaio inizierà il processo. Non possiamo che augurare allo scrittore un’assoluzione piena. Se ciò non dovesse avvenire – ed è impensabile – lui continuerebbe a camminare a testa alta ma sarebbe il caso di preoccuparsi ancora di più, se è possibile, per la libertà di opinione e i diritti di tutti. Chiedere il giusto e il bene del resto non è solo un diritto, è un dovere.

 

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