Gomorra – la serie è finita

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Gomorra – la serie è finita con una promessa: si torna il prossimo anno. Un buon lavoro, malgrado alcuni eccessi ed un paio di puntate poco indovinate. Mandarlo avanti, questo lavoro, potrebbe trasformare la criminalità organizzata da grave problema sociale a fonte di profitti come qualsiasi altra fiction, e soprattutto renderla semplicemente una forma di intrattenimento per amanti del genere, senza più provocare né indignazione né shock. Il pericolo lo si è già sfiorato con la prima serie, in verità. Non avremmo tanto bisogno di realismo o di espressivismo fini a se stessi, né di assistere alla saga di una “famiglia” coi suoi affiliati. Avremmo bisogno di  provare autentico rancore, e un salvifico terrore, ed è quel che Saviano seppe fare con un libro, e Garrone seppe fare al cinema.

Non sono per niente convinta che questa  Gomorra televisiva sortisca l’effetto desiderato. I naturali sentimenti di totale ripulsa dovrebbero impedire a tutti i telespettatori di provare altre sensazioni “inquinanti” in grado di fargli abbassare le difese, e credo che per molti non accada. Non sono pochi gli spettatori che finiscono col farsi trasportare dalla storia e parteggiare per la vecchia camorra coi suoi “princìpi” inviolabili (Imma Savastano), visto che dall’altro lato il nemico è Ciro, specchio di una criminalità organizzata diversa perché priva di regole, indifferente a qualunque sentimento umano, famelica e ottusa al punto da abbattere qualsiasi tabù, triviale al punto da spazzare ogni briciola di pietà. Non ci sono i buoni e i cattivi, eppure i cattivi anche solo un grammo meno disumani durante tutta la serie conducono a non entrare a un certo punto criticamente nel merito quanto piuttosto a sviluppare uno scandaloso “tifo”, che poi forse nasconde un dolore o un timore: la consapevolezza che i mali del paese siano adesso ancora più corrotti e crudeli. Non esiste catarsi, in Gomorra: le cosche non hanno una fine, vanno avanti da sempre, dunque per coloro che non credono affatto che le mafie saranno presto debellate dal Paese è un trauma comprendere che al peggio c’è sempre un altro peggio, peggiore del precedente. Non si tratta di mutamenti nel costume della camorra o della mafia, bensì di vere e proprie tragedie che squarciano il tessuto sociale in cui siamo obbligati a vivere.

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