Il bosco verticale

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Il bosco verticale

Il coccolatissimo bosco verticale produce ossigeno, riduce l’inquinamento acustico e quello dovuto alle polveri sottili, a patto che gli alberi e le piante non si ammalino e non muoiano.

Il bosco verticale di Milano, progettato da Stefano Boeri, Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra, è il nuovo landmark della Milano avveniristica che tutto il mondo deve ammirare e che darà lustro all’Expo 2015. I due grattacieli – uno di 112 metri e l’altro di 80 – arricchiti della presenza di 20 mila piante e 700 alberi rappresentano una novità assoluta nel campo dell’architettura, che in questo caso dovrei definire bioarchitettura ma non ci riesco, è più forte di me. Falsa coscienza ecologica suona meglio, in questo caso, malgrado le torri abbiano ricevuto il Leed Gold, che è un prestigioso riconoscimento riguardante la certificazione energetica, ma se vogliamo dirla tutta e fare i pignoli dobbiamo dire che esiste anche il Leed Platinum, e il bosco verticale non se l’è meritato. Il risparmio energetico c’è, pare che si aggiri intorno al 30%, a patto che le piante e gli alberi non si ammalino e non muoiano, infatti sono perennemente monitorati e controllati. Non dev’essere bastato tenerli d’occhio come si fa con i neonati perché gli alberi fino a ora si sono seccati già due volte. Eppure sono stati sottoposti ad analisi di ogni genere, sono stati testati nelle gallerie del vento per capire quali specie fossero le più adatte (a 100 metri d’altezza il vento è notevole) e tutto il verde è stato scelto dopo test microclimatici accuratissimi. Non solo, l’irrigazione di queste piante è centralizzata e vi sono sensori per il controllo della crescita, dell’ancoraggio e della “sete” di ogni singolo arbusto. Il coccolatissimo bosco verticale produce ossigeno, riduce l’inquinamento acustico e quello dovuto alle polveri sottili, però se in quell’area avessero ampliato e curato il verde orizzontale invece di costruire a più non posso magari respirare aria buona sarebbe stato più naturale, più semplice e molto economico. Si, lo so, sarebbe fallita la missione di compiacere gli interessi del potere: una bellissima operazione di marketing, un lavoro da archistar di pura immagine come questo porta turisti a Milano, soprattutto cinesi e giapponesi, e nella zona adesso è tutto un set : si girano videoclip, si fa cinema, si fanno foto di moda, è divertentissimo.

Su L’Espresso dello scorso novembre in un articolo che trasudava un entusiasmo molto provinciale si esaltava “l’effetto New York” di quel pezzo di città. Hai detto niente! All’interno le case sono bellissime, i costi si aggirano tra i 7 e i 9 mila euro al metro quadro, e il 50% degli appartamenti è stato già venduto. Qualcuno ci abita, nel bosco verticale, fa da cavia: la BBC gira documentari per studiare come va a finire, come sta funzionando la vita a contatto con gli alberi a cento metri d’altezza. Sarebbe carino se qualcuno facesse documentari anche per stabilire se il rapporto tra l’edilizia urbana contemporanea e la città con le reali esigenze degli individui sia un rapporto sano ed equilibrato. Secondo Giancarlo Consonni, docente di Urbanistica al Politecnico, non lo è affatto: “La qualità la determini. Invece si fanno super-appartamenti, si fanno specie di bunker di lusso, quando il vero valore è la città. E la città è quel che trovi quando esci di casa” [La Repubblica, 16 maggio 2013]. La zona Garibaldi- Porta Nuova doveva essere il centro direzionale di Milano e però vi si sono costruite troppe abitazioni di lusso in grattacieli altissimi. L’offerta crea domanda, si dice, ma costruire abitazioni di lusso è un’operazione dissennata quando la realtà – a Milano e nel resto del paese – è costituita da una maggioranza di stipendiati che non riescono a comprare né ad affittare a prezzi modici. La carenza di alloggi destinati a un target popolare rimane un problema che non si vuole affrontare. Forse – piuttosto che fare colpo come fossimo in un paese all’avanguardia e completamente immerso nella modernità – ci si potrebbe occupare anche di edilizia popolare, così, a tempo perso. Le cose necessarie, lo capiamo, fanno un po’ tristezza, non ecciterebbero la BBC e non farebbero un bell’effetto all’Expo.

Buone feste a chi è passato di qui.

 

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