Il taglio netto

Share

Il taglio netto

Un originalissimo romanzo di Vins Gallico – Final cut – racconta l’analfabetismo dei sentimenti di una generazione che ha paura di soffrire.

final cut piatto

Il taglio netto: nel nostro tempo è ciò a cui si aspira e si tende quando ci si trova di fronte a un eccesso di sofferenza. La fine di un rapporto amoroso rientra nel novero di quelle situazioni che ci travolgono e che non vogliamo gestire: abbiamo fretta di andare oltre, di ricominciare subito, di liberarci dalla morsa del dispiacere e della tristezza. Una generazione di narcisisti che non riesce a reggere il peso del dolore e che non ha dimestichezza col coraggio e con la compassione: è questo il panorama umano che Vins Gallico ci mostra in Final cut.

L’idea è molto originale: il protagonista eredita 60 mila euro dal nonno e ne investe una parte per creare un’agenzia – la Final cut – che si occupa di piccoli traslochi per coppie che si separano. Lui consegna al domicilio dell’abbandonato/a gli effetti personali ormai ingombranti e commemorativi nonché – con un sovrapprezzo – espone all’ex il resoconto verbale delle motivazioni della fine di un amore. I clienti si rivolgono alla Final cut per chiudere col passato lasciando che un estraneo zelante compia l’ultimo passo per evitare scenate, strascichi, recriminazioni, lacrime e inutili coinvolgimenti emotivi. Una storia molto moderna e simbolica. Il protagonista imprenditore espone i suoi princìpi ai clienti con meticolosità e puntiglio, assolve al suo compito con discrezione e distacco e anche con un’inesauribile pazienza. Vittima egli stesso di un amore finito male, sembra trarre un qualche beneficio nell’aiutare gli altri a liberarsi del passato con un gesto asettico e burocratico, ma scopre ben presto che il colpo di forbici il passato non lo annulla, semplicemente lo accantona per farlo riaffiorare all’improvviso, a tradimento. A tutti i personaggi del libro – analfabeti sentimentali – quell’essenziale passaggio che si chiama “elaborazione del lutto” è sfuggito.

La prosa di questo romanzo è asciutta, anch’essa è stata sottoposta a un lavoro di forbicine per raggiungere una perfetta geometricità : lo scrittore si tiene lontano da rotondità e verbosità prosciugando il testo fino a dare l’impressione di temere di cadere in qualche trappola stilistica, come se il minimo cedimento al pathos equivalesse a un peggiorativo. Alla fine lo stile lineare e distaccato è diventato una sorta di cilicio, una dura limitazione che a me ha fatto un effetto strano, poco piacevole. La scrittura “a levare” è solitamente ineccepibile, a patto che il testo pulito preservi gli alti e i bassi, gli slanci, le cadute vertiginose, lasci spiragli per guardare nel vuoto o nel buio. Soprattutto, in Final cut, manca la tensione. Senza tensione non si va da nessuna parte.

In tutto il libro non ho trovato niente e nessuno che spiccasse il volo sopra ai dati spiccioli dell’esperienza, della concretezza, dell’ingenuità un po’ deprimente di certe frasi o di certi dialoghi. Non c’è una slogatura, non uno squilibrio: lo scrittore restituisce personaggi chiusi nel loro spessore da manuale di psicologia e attraverso di essi si protegge e ci protegge da fughe e deragliamenti dell’anima. Mery, la più logorroica e narcisista tra tutti i clienti, è un’implacabile accumulatrice di pezzi di vita a due, rievoca il suo personale materiale d’archivio con la monocorde puntualità di un cronachista, ma non suscita coi suoi dettagliatissimi racconti nessun sentimento, nessuna emozione. Se è tutto voluto – e credo sia tutto voluto – il risultato non è eccellente, perché Vins Gallico tenta di illuminare la scena di una “solitudine pubblica” trascurando la necessaria fluidità che deve scorrere tra lettore e personaggio, finendo così per perdere l’ attenzione di chi legge ingolfando pagine e pagine con i fossili di sentimenti banali e usati, senza riuscire a dare vita ai ricordi e consistenza alle persone, senza far affiorare dalla memoria altro che fotografie, e le fotografie non hanno tridimensionalità, né carne né sangue.

Share
Precedente Se Formigoni sapesse Successivo Reato di spreco alimentare