Filopalestinesi e antisemiti

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Filopalestinesi e antisemiti non sono la stessa cosa, dovrebbe essere chiaro ma non lo è. La storia dolorosa e infinita di cui in questi giorni si parla moltissimo ha su ognuno di noi effetti devastanti. Per il dolore, certo, che non si può non provare di fronte a immagini di corpi senza vita, di fronte alle narrazioni drammatiche che ci vengono da Gaza. Non è solo il dolore a devastarci, né lo sdegno. E’ anche l’odio. Molti si dichiarano filopalestinesi  senza essere null’altro che antisemiti. Le pene sofferte da una popolazione senza diritti, senza cibo, senza acqua, senza casa e tra un pò senza più neanche la propria terra diventano una scusa per odiare, per confondere i sionisti di Israele con tutti gli ebrei. Fare una passeggiata nel web in queste ore è istruttivo e quantomai sconcertante. Si possono collezionare frasi ed espressioni preoccupanti che non è possibile sottovalutare, anche perché non c’è bisogno di fare statistiche per accorgersi che la tendenza all’antisemitismo non appartiene più a una minoranza trascurabile.

“Zio Adolf non aveva tutti i torti”

“Gli ebrei sono bestie”

“Siete mota, vi auguro di finire come i palestinesi”

“Se Israele è questo, allora sono fiero di essere considerato antisemita”.

C’è quello che al bar racconta barzellette sugli ebrei tirchi e attaccati al denaro, quello che consiglia di leggere la Torah per capire di che pasta è fatto un ebreo, ci sono centinaia di giovani che quando partecipano ai cortei pro-Palestina di Parigi si separano dalla massa e non si dirigono sotto l’ambasciata israeliana per protestare ma vanno ad attaccare le sinagoghe. Ce n’è per rabbrividire, ce n’è a sufficienza per domandarsi come mai in una manciata di anni gli antisemiti siano tornati a esprimersi senza remore, come se le cose che pensano e che dicono fossero accettabili, normali, degne. Ci sono sempre stati, ma adesso non è più un flusso anonimo e anomalo, adesso non parlano a bassa voce, non se ne stanno tra loro a concionare, esternano fieramente odio razziale sui social, nelle strade, nelle università, a scuola, alle manifestazioni, dovunque nel continente. Bisognerebbe correre ai ripari. Subito.

Il tempo passa e i ragazzi che odiano li si lascia crescere in balìa delle loro ossessioni forcaiole vecchie di secoli e mai morte. Non c’è più la capacità di fare distinzioni. Non distinguere lo Stato di Israele dal popolo ebraico è come non distinguere un europeo da un cattolico, e viceversa. Non ci si finisce per inclinazione, nell’odio razziale: ci si finisce per solitudine, per sentito dire, per ignoranza, perché gli slogan della politica evocano sempre la paura, la mischiano come una malattia. Non c’è crisi economica che non  venga usata per generare paure e angoscia, e non c’è paura che non esiga un nemico da combattere: il nero, lo “zingaro”, l’emigrato, l’ebreo. E’il melting pot dell’ostilità e della tirannìa, e per cercare i colpevoli non guardiamo in basso, è meglio guardare in alto.

Nella foto: gli scontri di Parigi, da Il Post

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