La fine di una moneta mal concepita

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La fine di una moneta mal concepita

Comunque vada, sarà un insuccesso.

 

La fine di una moneta mal concepita è la sola soluzione possibile per salvare l’Europa, anzi: per rifondarla secondo principi che ha dimenticato e calpestato. Ciò che sta accadendo in questi giorni tra eurogruppo e Grecia potrebbe diventare l’11 settembre del continente, nel senso che dopo nulla sarà più come prima, come l’altro ieri, che alla UE e agli europeisti convinti piaccia o meno. I morti ci sono già stati, non sono volati dalle finestre di un grattacielo come coriandoli, hanno fatto una fine meno spettacolare e meno interessante dal punto di vista mediatico, eppure sono stati ben più di quei poveri indifesi duemilatrecento. Nella sola Grecia negli ultimi anni si sono suicidati 10 mila cittadini, senza contare i bambini, gli ammalati e gli anziani che sono spariti dalla faccia della terra a causa di una crisi che in occidente non ha precedenti. Basta, per comprenderlo, riflettere sul fatto che la situazione economica del popolo greco è più drammatica di quella vissuta dal popolo tedesco alla fine della prima guerra mondiale. Ci sono i grafici di economisti premi Nobel che lo dimostrano, non sono chiacchiere. Sembra impossibile, ma per i greci è andata così dopo 5 anni di troika, 5 anni di regole rispettate con dovizia e sacrifici. Anche in Italia e in Spagna, in Portogallo e in Irlanda ci sono stati tanti suicidi. Da noi se ne parlò soltanto durante il governo Monti, poi più, perché non era carino ammorbare la gente con certe notizie.

Monti è stato uno dei primi segnali evidenti e inequivocabili della fine della democrazia per come la intendono i veri democratici. Venuto a governare senza essere stato eletto, mandato a sostituire Berlusconi per volere della UE, doveva salvarci. In effetti i salvataggi di cui s’è occupato avevano a che vedere con le banche, non coi cittadini, che cominciarono a perdere tutele e diritti. Avremmo dovuto allarmarci non poco, ma non ricordo grandi proteste. Poco tempo prima in Grecia Papandreou venne fatto fuori in quattro e quattr’otto perché alla UE non piaceva, gli preferivano Samaras. Samaras è stato il fedele esecutore dei diktat degli esperti economisti di Bruxelles, di Francoforte, di Berlino. Ha fatto tutto quello che gli hanno ordinato di fare, per questo non è stato rieletto: ha lavorato ai fianchi dell’avversario – che era il popolo greco – fino a sfinirlo, ma è stato ripagato prontamente alle urne.

Vi ricordate cosa diceva Angela Merkel prima delle elezioni? Diceva che se avesse vinto Syriza ci sarebbero stati molti problemi per la Grecia. Parlava di spread in salita rapida, minacciava, ammoniva, spaventava. Syriza vinse le elezioni e da quel momento è cominciata la guerra al leader. Tsipras un difetto ce l’ha, uno solo, e non è un difetto da poco: è un europeista convinto, uno che crede di poter cambiare questa Europa con questa moneta dal di dentro. Con la forza delle idee, contrapponendo al neoliberismo più feroce etica e valori democratici. Da solo. Nessuno è perfetto, intanto non c’è un’ altra figura politica nel continente che sia migliore di lui, e bisogna tenerselo da conto con tutto il difetto, bisogna sopportare anche la trovatina del referendum, quest’ultimo coniglio estratto dal cilindro che non ha senso e che per certi versi è anche un modo puerile per continuare con l’autoinganno. Prima o poi Tsipras e Varoufakis dovranno chiudere la porta e proseguire per un’altra strada, fuori dall’eurozona, allora si con coraggio.

Sempre che gliene diano la possibilità, ma i segnali sono preoccupanti: la mira dei falchi è un leggero golpetto, la versione contemporanea del golpe vero e proprio, quello all’antica. A Bruxelles da giorni s’aggira Samaras con un paio di futuri alleati, non aspetta altro che la fine di Tsipras, e la fine di Tsipras UE e USA la stanno organizzando per benino. Come? Accerchiando. Default non controllato, fine degli aiuti, chiusura delle banche, negozi chiusi senza più merce da vendere, panico e disperazione tra la popolazione, il governo costretto a indire immediatamente nuove elezioni, vittoria delle destre, champagne a gogò. E’ un sospetto che la stampa internazionale riporta già da un po’, un sospetto nato in seno a Syriza ma non privo di fondamento. Potrebbe anche finire così per i greci e per Tsipras, ma si tratterebbe comunque dell’inizio della fine, senza rimedio, per questa dittatoriale Europa unita e per l’euro.

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