La Palestina celebra il 25 aprile

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La Palestina celebra il 25 aprile

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“In luogo del buon gusto, un pugno di piccole, disturbanti verità, una delle quali è: non c’è memoria condivisa”. Wu Ming

La Palestina celebra il 25 aprile, la Comunità ebraica e l’associazione nazionale ex deportati invece no, non quest’anno. E’ davvero paradossale che una giornata importantissima della Storia italiana che festeggia per la settantesima volta la Liberazione si stia trasformando in una lotta tra diversi gruppi ostili gli uni agli altri, una lotta tra due bandiere, quella della brigata ebraica e quella palestinese. Questioni ideologiche e politiche stanno rovinando una tradizione. Da una parte ci sono l’ANED (l’associazione dei deportati) e Riccardo Pacifici, Presidente della comunità ebraica romana, il quale ha dichiarato «Dato che sarà Shabbat non saremo presenti, ma non ci saremo anche perché i palestinesi, che chiedono di essere al corteo, durante la guerra erano alleati dei nazisti». Ernesto Nassi, Presidente dell’Anpi, dice “Siamo stanchi di subire quello che accade ogni 25 aprile, che è la festa dei democratici e degli antifascisti. Per tutti quelli che si riconoscono in questi valori, non ci sono preclusioni – conclude – fermo restando che la cosa più importante è tenere nel cuore chi ha partecipato alla Guerra di Liberazione.” Dall’altra parte ci sono i comunisti romani, i centri sociali, i filopalestinesi che da tempo criticano la celebrazione ufficiale perché ritengono che sia stata svuotata del suo significato – non più antifascista ma a-fascista – e perché non trovano giusto che si sventoli anche la bandiera della brigata ebraica.

Si sono riuniti tutti – presenti numerose sigle e associazioni – e hanno cercato di trovare un accordo e di raggiungere un qualche compromesso, ma è andata male: ha vinto la litigiosità e sono volati gli insulti. Del resto ci sono state spiacevoli tensioni anche lo scorso anno, e ogni gruppo racconta i fatti a modo proprio: secondo la comunità ebraica offese e aggressioni sono arrivate dai filopalestinesi, secondo altri i filopalestinesi sono stati maltrattati dal servizio d’ordine del ghetto. Quale che sia la realtà, è triste e amara. La festa della Liberazione non può certo essere una vera festa se mancano la comunità ebraica e tutti i rappresentanti dell’associazione ex deportati. Gli ebrei presero parte attivamente ed eroicamente alla Resistenza, i deportati hanno pagato più di chiunque altro: questi ultimi non furono solo ebrei, ma anche antifascisti, omosessuali, rom. Scherziamo? Come si celebra il 25 aprile senza di loro? Non ha senso.

La comunità ebraica considera la presenza dei palestinesi il 25 aprile una provocazione, i palestinesi assicurano di volere e sapere distinguere tra l’imperialismo israeliano e la comunità ebraica e non vogliono rinunciare a partecipare alla celebrazione della Resistenza perché essi stessi resistono da 70 anni. Tutti i popoli sopraffatti meritano appoggio e solidarietà, dunque non è possibile non tenere in considerazione le sofferenze subite dal popolo palestinese, e non è possibile non mettersi nei loro panni, ma lo sventolare di bandiere palestinesi il 25 aprile a Roma sembra una forzatura. Partecipare in nome della libertà dei popoli senza provocare è possibile con qualche sforzo di volontà. D’altra parte non è facile giustificare le prese di posizione intransigenti e non concilianti di Pacifici. Risulta strumentale il suo riferimento alla Storia: se la Palestina non può essere presente a causa della sua passata alleanza con i nazisti, non si comprende perché rappresentanti politici italiani della destra vengano invitati a parlare sul palco senza problemi. Si è democratici e aperti sempre, non a tratti. Di questo passo il 25 aprile rischia di non poter essere più una bella giornata di festa che serve anche a sentirsi tutti uniti e fratelli per la cosa che conta di più: la libertà.

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