Oblomov, la ragionevole imperfezione dell’essere

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“ Sarò come io credo di essere o come altri credono che io sia? Queste righe si trasformano in una confessione di fronte al mio io non conosciuto e inconoscibile, non conosciuto da me e

inconoscibile per me. A questo punto creo la leggenda nella quale devo seppellirmi.” Miguel De Unamuno.

Oblomov non è un personaggio positivo, per il fatto di aver sempre incarnato l’ignavia, il nichilismo. E’ in ogni caso un personaggio riuscito, a tutto tondo, e così ben descritto da diventare l’immortale eroe della pigrizia,e il suo nome un aggettivo col quale designare, in una parola (oblomovismo ), le caratteristiche temperamentali di un inerte fatalista. Vorrei parlare di Oblomov come se le sue qualità fossero esemplari, perché per certi versi è così che le vedo.

Noi tutti viviamo cercando di sfruttare il tempo appieno, corriamo e ci diamo sempre da fare, considerando ciò non solo naturale e normale, ma addirittura doveroso. Eppure è assolutamente ovvio che siamo affamati. Se non fosse così, lavoreremmo di meno, viaggeremmo di meno, leggeremmo di meno , in una parola ci sforzeremmo di meno. Non avremmo bisogno di palliativi, non andremmo a cercarci sostitutivi dell’esistenza. Questo vale proprio per tutto, per il cibo, per il sesso, per l’avventura e per la religione. E’ probabile che, senza neanche saperlo, la maggior parte di noi non abbia uno scopo preciso, ma  neppure la libertà di non avere scopi e  progetti. Bisogna tenere sempre gli occhi ben aperti, profittare pienamente della vita, oppure diventare degli Oblomov, oziosi si, ma con tanto di motivazioni surreali e illogiche, poetiche e fantasiose : sempre meglio che vivere a casaccio.

Non bisogna leggere “ Oblomov” pensando al periodo storico in cui il libro è stato scritto  , e neanche al fatto che egli appartiene alla ricca borghesia di campagna , e men che meno alla famosissima anima russa. No, bisogna leggerlo senza  vincoli, in maniera completamente irresponsabile, perchè solo così si può capire quanto fascino emani dal suo mite dormiveglia. Oblomov è un sognatore, uno a cui da bambino hanno insegnato che la cosa più importante e meno pericolosa della vita è il sogno. Ancorato ai ricordi di un’infanzia perfetta , cullato in seno a una famiglia numerosa e troppo protettiva, da adulto non vuole provare ad essere come gli altri e si rifiuta di agire. Non sarebbe giusto dire che è incapace di farlo : la verità è che egli vuole astenersi dalla vita , ed in questa scelta non c’è alcun odio per la vita, non c’è tristezza né desiderio di morte.

Oblomov è un uomo sereno, dolce ed affettuoso, privo di livore e di frustrazioni , non cerca niente ma neanche si lamenta mai. L’assenza di curiosità e di desideri che fanno della sua coscienza un luogo quieto e immutabile sono causa di sofferenza per coloro che gli sono vicini e che lo amano: essi si, vorrebbero cambiarlo, spingerlo all’azione, renderlo partecipe non soltanto di sentimenti ma anche di una vita sociale e lavorativa. Stoltz, il più caro amico di Oblomov, è esattamente il suo contrario ; Stoltz è il tipo di uomo moderno , intelligente  ed alacre senza il quale il capitalismo sarebbe rimasto un’idea , è colui che si angoscia per tutta la vita a causa dell’amico. Egli considera Oblomov un infelice, non sopporta di vederlo sempre in vestaglia disteso su un divano, non sopporta che l’amico non faccia nulla per coltivare i suoi affari e finisca per perdere i suoi beni. I tentativi di Stoltz non serviranno a nulla. “ Che cosa non ti piace, in questa vita?”, domanda ad Oblomov dopo averlo trascinato per qualche giorno in società. “ Tutto; il continuo correre come a gara, l’eterno gioco delle miserabili passioncelle, specialmente dell’avidità. (…) Dove va a finire l’uomo, qui? Dov’è la sua interezza? Dove si è nascosto? (…) Che cosa li guida nella vita? Va bene,

essi non stanno sdraiati, ma vanno e vengono ogni giorno, avanti e indietro, e che ne vien fuori? (…) Sotto questo loro voler abbracciar tutto si nasconde il vuoto, la mancanza di simpatia per ogni cosa! “

Oblomov incarna la completa consapevolezza dell’imperfezione della vita , ed è questa consapevolezza ad immobilizzarlo, a spingerlo a cercare nel sogno la pace e la letizia che precedono, come nell’infanzia, ogni gesto dell’uomo ed ogni sua azione. Tutti gli altri, nel libro, considerano la vita come qualcosa che da sola si giustifica e si spiega, e dunque vogliono fare , andare e venire , amare, lavorare…Oblomov è estraneo ad essi, ma li comprende timidamente e serenamente, senza rivendicare orgoglioso le sue posizioni. E’ saggio senza saperlo, intimo confidente del dolore più profondo, quello che viene dall’aver troppo capito, eppure tutto il racconto della sua esistenza scorre nel segno della gaiezza e della leggerezza .

Se qualcuno sentisse la spinta del “flusso del grande ritorno”, per amore di lettura dovrebbe affidarsi ad Ivan Goncarov e leggere “Oblomov”, magari durante le feste natalizie o in estate, quando l’ozio scandisce il tempo di tutti, anche i più indaffarati.

 

 

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