La stampa è libera di non essere libera

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La stampa è libera di non essere libera

“Con l’accordo che firmerete, o meglio, che gli Stati Uniti vogliono che voi firmiate, rinuncerete al diritto di proteggere i vostri cittadini.” Joseph Stiglitz, premio Nobel 2001 per l’economia.

Quand’è che la stampa ci racconterà cos’è il TTIP?

La stampa è libera di non essere libera, quindi ancora una volta ai cittadini si nasconde la verità e ci si limita a dire che entro fine anno il TTIP diventerà una realtà. E’ stato questo l’argomento dominante del G7. Con tutti i problemi gravissimi che l’Europa non affronta e che deve risolvere si è parlato molto del TTIP, che a noi non serve affatto ma che serve agli Stati Uniti per completare l’opera di asservimento del vecchio continente. Lo definiscono trattato di libero scambio ma non è altro che un patto per gestire il commercio nell’interesse delle multinazionali americane. Di ciò che c’è nel TTIP non sono al corrente neanche i membri del Congresso americano, e la UE firmerà entro fine anno questo accordo capestro che stabilirà una volta per tutte la fine della democrazia per mano delle lobby e per gentile concessione dei politici che lo accetteranno senza conoscerne esattamente le regole. Fa male dirlo, ma al Parlamento europeo si sente solo la voce di Marine Le Pen, l’unica che si opponga con forza e che cerchi di spiegare ai francesi cosa significa TTIP. Significa forse prezzi più bassi, niente tariffe doganali e niente barriere per la libera circolazione delle merci? E’ quel che ci dicono a mezza voce quando non possono fare a meno di tacere: in realtà il TTIP è la totale perdita del potere politico e legislativo di ciascun paese firmatario: nessuno potrà più proteggere cittadini, salute, ambiente, lavoratori se per proteggerli si danneggeranno le industrie. E chi decide quando, come e perché si danneggia un’impresa? Le imprese stesse, con le leggi scritte nel TTIP e coi loro tribunali speciali.

Mi spiego meglio: negli Stati Uniti esiste la figura del Rappresentante per il Commercio, e si tratta di un signore che prende uno stipendio da un milione di dollari l’anno per tutelare i diritti e le esigenze delle multinazionali e delle imprese al di sopra di ogni altro interesse. Se per esempio uno Stato firmatario desiderasse un giorno di impedire l’uso di un determinato pesticida sul proprio territorio oppure volesse fare una campagna pubblicitaria contro le sigarette l’industria produttrice di quel pesticida e quella delle sigarette Pinco Pallino intenterebbero una causa per procurato danno economico. Potrebbero farlo in base alle regole scritte nel trattato scavalcando le leggi di ogni Stato firmatario, tutte le regole e i poteri nazionali. Scavalcando le Costituzioni, visto che secondo la Costituzione è il governo che deve legiferare, invece nel caso del TTIP il Congresso americano è stato tagliato fuori, permette che le lobby dettino le regole per tutti e impediscano ai rappresentanti del popolo – vale a dire ai politici – di conoscere dettagliatamente cosa c’è scritto in quel maledetto TTIP.

Questo avviene negli USA e avviene a Bruxelles. In Europa abbiamo molte regole che salvaguardano l’ambiente e i cittadini, in special modo nel campo alimentare e farmaceutico, regole che negli States non esistono e che noi saremo costretti a cancellare per adeguarci. Un sistema sovranazionale al servizio del commercio e a suo esclusivo arbitrio deciderà se farci perdere la salute, se riempirci di OGM, se tutelare o meno i lavoratori, come gestire il diritto di proprietà intellettuale, quali farmaci imporci, quali regole per la pubblicità dei prodotti eliminare, eccetera. In America i membri del Congresso sono stati corrotti per dare carta bianca alle imprese, in Europa non c’è nessun bisogno di farlo: Merkel, Hollande e Renzi insieme alla maggioranza dei capi di Stato sono felicissimi dell’accordo, non vedono l’ora di firmare – malgrado qualche perplessità – perché sono certi che comunque vada sarà un successo. Per le multinazionali USA, naturalmente. Come la stampa, anche l’Europa è libera di non essere libera.

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