L’apartheid alla fermata del bus

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L’apartheid alla fermata del bus è il primo passo verso l’abisso. A Corcolle, nella periferia di Roma, i conducenti dei mezzi pubblici non si fermano più a raccogliere gli emigrati neri alla fermata e cominciano le sassaiole contro il bus. Su un bus a sud della capitale si è scatenata una rissa per costringere una ventiseienne della Guinea a scendere dal mezzo onde evitare che contagiasse i passeggeri col l’ebola malgrado fosse perfettamente sana. L’hanno apostrofata con disprezzo e poi l’hanno picchiata. Il sindaco di Borgaro – Gambino – e l’assessore ai trasporti Spinelli vorrebbero mettere in atto il proposito di separare rom e borgaresi destinando agli uni e agli altri due diverse linee di trasporto. Non importa se lo faranno o meno, è importante che l’abbiano pensato, e dichiarato, e voluto. E’ importante che si autodefiniscano non razzisti, e che in queste ore ci si affanni per difendere la loro presa di posizione : c’è sempre quello che dice che non si può fare i buonisti senza averle vissute, certe situazioni.

Viene da ridere per lo sconcerto. Di atti vandalici e violenze sui mezzi di trasporto pubblici se ne compiono ogni giorno da anni e anni.  A Brescia i conducenti dei bus vengono malmenati sistematicamente da teppisti bresciani e sono ormai terrorizzati, chiedono insistentemente che gli si dia la possibilità di guidare in cabine inaccessibili ai passeggeri.  A Roma  a Napoli  a Milano  a Palermo e ovunque si verificano abitualmente in alcune zone atti di violenza e vandalismi sui mezzi pubblici. A compiere gesti da aspiranti barbari nelle metropolitane e sui bus di quelle città non sono extracomunitari o rom, o sinti, o caminanti: sono ragazzi italiani. Vogliamo separare anche i teppisti nostrani dai cittadini perbene, destinare loro delle linee di trasporto speciale? Perché no? Perché è inconcepibile, e lo è tanto per gli italiani quanto per gli stranieri. Non è con l’irrazionalità che si risolve il problema della violenza, e non è con l’irrazionalità e con la discriminazione che si gestisce la convivenza con lo straniero.

Un meccanismo micidiale e inesorabile si sta mettendo in azione e fa paura. Innocuo ancora per poco, perché ha già una sua prepotenza non solo verbale. Questo meccanismo è mosso da un’inquietudine che somiglia a quella di un animale quando si sente braccato e comincia a preparare un attacco. Solo che una società democratica e civile, se è veramente democratica e civile, piuttosto che agire come un animale dovrebbe insorgere di fronte al primo segnale di pregiudizio razziale e far sì che le persone come Gambino e Spinelli si sentano in difetto, sbagliate. Se si continua a eccitare gli animi contro i migranti con la paura delle malattie, della delinquenza e dell’invasione poi finisce male. Gli autoritarismi e di conseguenza il razzismo attecchiscono lì dove si alimentano le paure.

Il sindaco di Borgaro ha fatto un passo serio verso la discriminazione razziale e l’apartheid, poche storie. Il principio in base al quale ha potuto formulare la soluzione a un problema è indicativo del fatto che ogni settimana c’è qualcuno che si spinge un pò oltre, che supera un limite e che alza la posta : ci contaminiamo gli uni con gli altri, settimana dopo settimana, finché certe frasi, certi provvedimenti e certi comportamenti non ci faranno più alcuna impressione: diventeranno la norma.

I rom, i sinti, quelli che chiamiamo zingari, sono stati perseguitati e internati nei campi di concentramento come gli ebrei e gli omosessuali. A milioni. Se ne ricordano mai, le istituzioni? Se ne ricorda la UE che sta autorizzando sgomberi e retate nei campi e li butta fuori coi loro bambini come fossero pezze? I rom non sono persone regolari, non conducono una vita regolare, si tengono a distanza dalla nostra società e difendono le loro tradizioni. Questo è sufficiente per giudicarli tutti quanti ladri, violenti, fannulloni. La razza.

Lentamente spalmiamo sulla pelle degli stranieri uno strato di senso di colpa, insinuiamo dentro la loro coscienza  un sentimento che li fa sentire debitori, come se dovessero scusarsi. Ecco, queste sensazioni generano due reazioni diverse: la rabbia e l’impotenza. Chi pensa di essere razzista? Neanche i leghisti. Secondo me siamo razzisti né più né meno di tutti gli altri popoli. Bisogna sforzarsi e lavorare per non discriminare chi non ci somiglia. Lo sforzo è culturale, non c’è altra via per evitare l’abisso del razzismo. E quale cultura, oggi, ci salverebbe dal ritornare sui nostri passi? Se perfino i cattolici praticanti non riescono a capire Bergoglio e hanno dimenticato come si fa ad essere cristiani, quale cultura ci aiuterà?

 

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