L’automobile rende liberi

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Roma, Fori pedonali flop. Pedoni chiusi nel corral del marciapiede: solo autobus01

L’automobile rende liberi, è comoda, non è il demonio e come tutte le cose va usata con un pò di buonsenso, ma va usata, anche perché la si è acquistata e costa pure un botto di assicurazione e bollo. Questo non giustifica quelli che per fare duecento metri e fermarsi davanti al tabaccaio usano l’auto. Una volta c’erano carrozze e cavalli, adesso ci sono i mezzi di trasporto a motore. Non credo che nei tempi andati tutti quei cavalli per le vie cittadine non dessero fastidio: immaginiamoci le tracce imbarazzanti e gli olezzi insopportabili che lasciava un cavallo quando espletava in pieno centro i suoi bisogni corporali. Non inquinava, d’accordo, ma di mosche ne attirava a centinaia.

Adesso ci sono le auto elettriche e quelle a metano, in futuro sostituiranno le vecchie sorelle che vanno a benzina, ma il mezzo preferito dai modernizzatori e dai modernizzati plaudenti è la bicicletta, è lei il futuro, costa poco e fa bene alla salute. Le ragioni per cui si dovrebbero chiudere al traffico la maggior parte delle strade e delle piazze dei centri cittadini sembrano tutte talmente giuste che mettersi a criticarle è come andare controcorrente nella cascata delle Marmore: si perde solo tempo e ci si sfianca. Questo è il tempo dei sindaci che ci vogliono salvare dalle cattive abitudini e dai gas di scarico, è il tempo in cui una larga arteria imperiale sede di monumenti famosissimi o una strada panoramica tra le più belle del mondo per essere valorizzate devono fare a meno del traffico automobilistico. Direi che un conto è pedonalizzare le vie dello shopping, un conto è dividere in due una città. Di ragioni da opporre all’anelito ambientalista e ai maldestri tentativi di trattare le grandi città come fossero Zurigo o Gstaad  ce ne sono: una nuotata controcorrente si può sempre azzardare, anche a costo di sembrare poco progressisti, poco cool e poco sportivi.

1) Pretendere di farci credere che con le pedonalizzazioni la qualità della nostra vita migliori e che le zone liberate dalle auto diventino più belle e più vivibili è un pò azzardato. Non è vero, o meglio non è vero per tutte le strade: ce ne sono alcune che si desertificano, che muoiono nel loro silenzio surreale e metafisico, e viene tristezza ad attraversarle. Ce ne sono altre che si trasformano in teatri all’aperto per le saghe della domenica, per le feste di piazza, per i cosiddetti eventi, ma che nei giorni qualunque creano un effetto Jep Gambardella nelle scene in cui camminava tutto solo all’alba e s’inebriava di bellezza. Il fatto è che la maggior parte di noi non è Jep Gambardella: noi comuni mortali non usciamo all’alba per diletto ma per correre da qualche parte, per andare a lavorare, portare i bambini a scuola, fare file alla posta e in banca, alla Asl, al supermercato.

2)Tutti vogliamo respirare aria pulita, questo è certo, ma non ci possono spacciare le pedonalizzazioni  come una soluzione all’inquinamento. Per le zaffate di monossido di carbonio basta girare un angolo e ce n’è a volontà, anzi più di prima, perché l’arteria pedonalizzata ha convogliato tutti i motorizzati nelle vie limitrofe creando un macello di ingorghi. Le zaffate contengono polveri sottilissime che volano col vento e si insidiano dovunque, non è che nella piazza pedonalizzata con la sua bella fontana settecentesca zampillante Jep Gambardella respiri pulito: respira quelle polveri come tutti. La città è la città, complicata e rumorosa, per la pace ci sono i parchi e le scampagnate.

3) Pretendere di farci faticare di più dicendoci che è civiltà e modernità è una presa in giro: la pedonalizzazione esige che i servizi raddoppino per evitare che la modernità diventi soltanto pene e magagne. C’è bisogno di più mezzi pubblici, di più linee metropolitane, di grandi parcheggi nelle zone limitrofe alle aree pedonali. Queste cose a Zurigo, oppure intorno a Times square a New York ci sono, qui da noi non esistono. D’inverno l’automobile protegge dal freddo, dalla pioggia, dalla nevicata, se non vogliono farcela usare hanno il dovere di fornire servizi adeguati. Con la crisi i servizi sono peggiorati, altroché. C’è anche bisogno di incrementare il controllo del territorio, la sicurezza. Alcune piazze e vie pedonalizzate sono già diventate luoghi d’appuntamento per il fior fiore dei teppisti di strada, i cittadini piuttosto che sentirsi più liberi hanno paura e basta. Bisognerebbe avvertire i sindaci amanti delle ZTL che il popolo degli anziani è numeroso, non conta meno di quello rampante e igienista e  ha le sue esigenze.

4) Le pedonalizzazioni a singhiozzo, a orario, contraddicono l’intento ambientalista e la necessità di dare risalto ai monumenti e alla bellezza. Non parliamo poi dei permessi passepartout, e non parliamo degli uomini e delle donne di potere che circolano sempre in auto. Le poche volte che non lo fanno avvertono stampa e paparazzi e si fanno riprendere: “Vedi che bell’esempio ti sto dando? Fai come me, lascia l’auto in garage“. Non lo dicono, ma il sorriso sottintende. Pare che a Roma i pedoni che camminano col naso all’insù rapiti dalla magnificenza del Colosseo rischiano di essere travolti dalle auto e dai bus a cui è consentito il passaggio.

5) Riqualificare non significa piazzare fioriere, panchine, transenne e aggeggi metallici per posteggiare le bici. Riqualificare significa rendere viva la città in modo naturale, rispettare o migliorare la destinazione d’uso di una strada: cultura, commercio, tempo libero, divertimento, a ogni luogo spetta una funzione, le cose si devono fare con criterio e razionalità. E per finire: dove sta scritto che modernità e qualità della vita non vadano d’accordo con la possibilità per tutti – vecchi e giovani, sani e malfermi – di arrivare in centro con facilità e andare a bere un caffé senza impiegarci un’ora e più? Diciamo pure che più che andare incontro alla qualità ci stiamo arrendendo, le città funzionano malissimo e la sola cosa che può salvare un sindaco in questi frangenti è cavalcare l’onda di un risanamento fasullo.

 

 

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