L’herpes di Tsipras lo avete notato?

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L’herpes di Tsipras lo avete notato?

 

L’herpes di Tsipras lo avete notato? Tsipras nel suo discorso alla nazione (14 luglio) usa il sale ma anche molto zucchero, troppo. Spiega le ragioni della capitolazione, parla del referendum, di Varoufakis (ormai i due si criticano cortesemente a vicenda) e dell’accordo raggiunto con l’eurogruppo, che lui definisce vendicativo. In questi giorni la stampa internazionale si è sbilanciata come non aveva fatto mai. Dopo mesi di bugie e diplomazia si è giunti all’atto liberatorio di definire questa Europa e il gruppo che la dirige usando termini pesantissimi e nessuna indulgenza mentre lui, il condannato, dice semplicemente che l’eurogruppo è stato vendicativo. Tsipras è gentile, paziente, è una brava persona e continua a credere che l’Europa sarà cambiata dal di dentro, soprattutto quando arriveranno i vincitori spagnoli, quelli di Podemos. Lui ci crede davvero, e fermamente. Da quanto è accaduto in questi giorni deve aver tratto conclusioni diverse da quelle di milioni di europei. Deve aver pensato che le cose sono andate come sono andate (dritte dritte in braccio a un’altra troika) perché la Grecia si trova in una tale condizione di debolezza da impedire – pena la rovina senza speranza – qualsiasi possibilità di giocare a braccio di ferro troppo a lungo. Tra uscire dall’euro e restarvi contraddicendo ogni promessa Tsipras ha preferito farsi dare del traditore, il che è niente: ha preferito rischiare di uscire di scena e di demolire Syriza pur di non separare la Grecia dall’Europa. Né USA, né Russia né Cina lo avrebbero aiutato finanziariamente, quindi i greci sarebbero andati a picco in poche settimane, ha detto. Vero. Adesso invece andranno a picco entro qualche mese.

Su questo blog non ho mai nascosto la mia ammirazione e la mia totale simpatia per il leader greco: non ho cambiato la mia idea malgrado non condivida la sua posizione, che è convintamente eurista. Tsipras rimarrà sempre – e passerà alla storia per questo – l’unico idealista di tutto il continente, l’unico dotato di una dose sufficiente di coraggio e di incoscienza per contrapporsi all’assenza di democrazia e di flessibilità del gruppo dei falchi, che sono poi i soli a dirigerci. Creando una separazione netta tra la politica e una orribile finanza da ragionieri ha smascherato in maniera definitiva e chiarissima Schauble, Merkel, FMI, BCE, Junker, Schulz e compagnia: non vanno nella direzione giusta e chi non va nella direzione giusta prima o poi cambia strada. Purtroppo neanche Tsipras sta andando nella direzione giusta. Non vuole proprio accettare la realtà: a parte che gli 85 miliardi che riceverà andranno quasi tutti a pagare i debiti a destra e a manca, a parte che con un altro memorandum la Grecia collasserà inevitabilmente, c’è un particolare che a Tsipras sfugge, oppure finge di non capire.

 

Il particolare è che Schauble e Merkel stanno lavorando ancora per la Grexit. E di buzzo buono. Del resto Schauble ha già proposto a Tsipras una Grexit onorevole e morbida, offrendo vantaggi considerevoli (tra i quali un deciso taglio del debito). Rispetto al commissariamento, alle privatizzazioni, alla svendita dei beni e alla colonizzazione la proposta di Schauble era senza dubbio migliore. Tsipras ha negato e nega caparbiamente che la conclusione di questa saga triste e complicata sarà proprio la Grexit. Per questo gli è venuto un herpes labiale grande quanto una moneta da 5 centesimi. Ha somatizzato. Schauble sta pensando a un’Europa nordica formata dagli Stati in grado di sostenerne e condividerne indirizzo e scopi, sta immaginando un protettorato dell’euro fatto a regola d’arte, una UE a una sola velocità e finalmente libera da scossoni. Gli scossoni arriveranno sempre più frequentemente, e Schauble e Merkel ormai ne hanno piena coscienza. Conviene al nord europeo ingaggiare altre lotte intestine coi paesi che arrancano e che soprattutto mal sopportano i diktat e i soprusi? No, non conviene. Di fare a meno dell’austerità non se ne parla nemmeno, ciò contravverrebbe alle ragioni sulle quali si fonda l’euro. La Grecia sarà la prima palla al piede a uscire, poi toccherà con tutta probabilità alla Spagna se Podemos dovesse vincere le elezioni, poi al Portogallo di cui non si parla ma che è messo malissimo, e così via fino a che non resteranno soltanto quegli Stati che gioiosamente desidereranno aderire al protettorato, che avrà un assetto più solido e che si doterà di uno Stato centrale.

Diciamoci la verità: il fanatismo tedesco è insuperabile, tanto quanto la fantasia meridionale. Sono stereotipi? Pazienza, non è colpa mia se in questi mesi aleggia un razzismo nei confronti dei greci che sta diventando pericoloso perché da lassù si espande a macchia d’olio tra i cittadini d’Europa. Ne hanno dette di tutti i colori, alla faccia della fratellanza fra popoli. In realtà un portoghese e un italiano hanno maggiori affinità coi brasiliani e gli agentini che non coi vicini austriaci o olandesi. E’ così. Su al nord di quelli giù al sud ne hanno piene le scatole: inaffidabili! Loro sono affidabili? Per se stessi senza dubbio, infatti il solo svantaggio di perdere gli Stati del sud Europa è che il nord avrà – almeno all’inizio – una minore prosperità economica e perderà miliardi di euro. Chi sottometterà? Chi ricatterà con il debito? A chi attribuirà l’onere di occuparsi di tutti i migranti in cerca di una vita migliore? Eh bé, a qualcosa si deve pur rinunciare per fare un’Europa seria.

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