L’infanta randagia e la maga

Share

L’infanta randagia e la maga

Oscar Wilde diceva che un grande artista  “capisce per noi la vita, donandole una passeggera perfezione”.  E’ molto raro imbattersi in un libro che lascia il segno tanto da diventare per il lettore importante come un’esperienza fisica, vissuta realmente. Quando accade, il libro e lo scrittore si fanno immortali, passano indenni attraverso gli anni e le mode letterarie e li si definisce “ classici”.

L’infanta randagia e la maga. Non so se Annamaria Ortese  ed Elsa Morante siano già considerate “classici” ma è certo che tutte e due ci hanno lasciato libri che si possono dire definitivi, nel senso che realizzano una forma di conoscenza fantastica, che è più profonda e imponderabile rispetto alla conoscenza dell’intelletto e della vita. Non riesco a comprendere perché siano oggi tanto trascurate, considero delittuoso che moltissimi ragazzi non le conoscano neanche.

Pur essendo assai diverse , una visionaria e l’altra passionale ed esuberante, hanno in comune l’energia femminile, una grande confidenza col  dolore, il rigore morale che scaturisce dalla forza della vocazione e infine  il desiderio di narrare liberamente storie che parlano di rapporti tra le persone, storie semplici di attese,  affetti,  animali e  bambini ( il puma Alonso della Ortese e il bimbo Useppe col suo cane Bella de “ La Storia” ).Entrambe posseggono il misterioso dono della magia, che avvolge i personaggi e il lettore in una sorta di incantesimo . Entrambe sono riuscite a restituire vitalità ed intensità al Romanzo, quello ottocentesco, al di là delle convenzioni stilistiche: il linguaggio esprime sensazioni insolite, intuizioni geniali e soprattutto il dolore per la perdita dell’innocenza.

“ Si distruggono foreste, si uccidono animali. E’ osceno dare questo dolore alla Vita. Non si produce più bellezza, bisogna riscoprire un’etica”. Queste parole della Ortese riassumono il senso di tutto il suo lavoro intellettuale, teso a cercare e creare il bello attraverso il surreale, attraverso personaggi spesso fragili e sperduti nel mondo contemporaneo. E’ così anche per la Morante, che ci porta per mano a scoprire la bellezza in luoghi abitati da bambini,  uomini e donne sopraffatti sempre dalla realtà eppure protetti dalla loro purezza assoluta ( vedi  “Aracoeli” , il suo libro più triste e stilisticamente più spagnoleggiante e sontuoso ).

L’una e l’altra hanno vissuto esistenze affatto simili. Elsa Morante ha frequentato molti fra i personaggi di maggiore spicco nel panorama culturale italiano . Per questa ragione ha ricevuto una formazione ed è cresciuta insieme ai suoi amici scrittori e poeti. Era una persona selvaggia e istintiva, una donna mediterranea profondamente legata a Roma, città dove ha abitato e lavorato. Annamaria Ortese è stata un’autodidatta, senza scuola e senza punti di riferimento, un’eterna vagabonda . La sua Napoli ( “ Il mare non bagna Napoli” , “ Il cardillo addolorato” e “ Il porto di Toledo” ) è una città allucinata e terribile, sotterranea e plumbea, dolce ma deformata da una specie di insensatezza che la pervade completamente. Per la prima volta ( ed ultima) questa città così fisica e confusa viene descritta senza servirsi dei luoghi comuni del folklore, senza malinconia e senza bontà, ma con accenti fortemente sensuali. Da Napoli la scrittrice fuggirà, girovagando un po’ per tutta l’Italia e per il mondo, sempre molto sola e sempre separata dalla cerchia degli intellettuali, in una perenne eclisse . Se della Morante si conoscono i legami amorosi (Moravia) e le sofferte storie platoniche (per tutte cito quella con Luchino Visconti che la respingeva e la umiliava davanti a tutti), di Ortese si conoscono altri dolori, legati al suo temperamento da “ essere di fuga” ed anche al rapporto complicato e mai risolto con l’ambiente del giornalismo, il quale ha mostrato sempre scarsa disponibilità ad  accettare i suoi articoli, ritenuti insoliti e fuori dagli schemi.

Elsa Morante è morta povera nella sua casa romana confortata dalla sua fedele Lucia, che lei chiamava “ uccella di mare”. Ortese aveva finalmente trovato una tana sicura a Rapallo, dove è morta nel marzo ’98 ,circondata dai suoi gatti, anche lei tutt’altro che ricca. Sicuramente la loro vita non è mai stata facile : i tumulti interiori e la sostanziale diversità  che le caratterizzavano le hanno tenute lontane da quel mondo che premia solo chi vince perché segue le regole del mercato, ma è proprio per questo che la loro presenza nel mondo letterario ha il sapore di un’epifania.

“ Scrivere, se non pura vanità o lusso, è cercare un altro mondo. Cercarlo disperatamente”. Annamaria Ortese

Share
Precedente Grillo e Mentana sopraffatti da una tenda rossa Successivo In Cina volano i droni