L’Italia s’è desta

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L’Italia s’è desta

Su Expo 2015  il collettivo Wu Ming ha scritto:”Lascerà in eredità una montagna di debiti, cemento e nuovi elementi di stato d’eccezione”.

L’Italia s’è desta, siam pronti alla vita. Questa strofa dell’inno nazionale l’hanno cantata in coro i bambini e l’ha recitata Renzi nel suo discorso inaugurale di EXPO 2015. C’è chi ha strabuzzato gli occhi, qualcuno ha detto che sostituire la parola “morte” con la parola “vita” significa voler dimenticare tutti coloro che per la patria sono morti. La maggioranza è rimasta indifferente, anche perché quella strofa nell’inno viene ripetuta più volte e i bambini solo alla fine l’hanno storpiata. Fare dietrologia e vedere quel che non c’è in questo dettaglio è un’esagerazione: è stata una trovatina dettata dall’entusiasmo, si sono presi una licenza poetica, via, un po’ come fece Franceschini quando a corto d’idee se ne uscì con “very bello”. Direi che la superfluità un po’ ignorante e molto da sagra di paese di questi piccoli effetti speciali per far colpo scongiura sbadigli di noia e serve a inoculare speranza e ottimismo, che sono stati d’animo a cui il premier tiene quasi quanto alle riforme. Il risultato di tutto l’ambaradan dell’EXPO – inno storpiato compreso – purtroppo è quello della commedia.

Una commedia è aprire i battenti proprio il primo maggio: praticamente il giorno della festa dei lavoratori si accendono i riflettori sulla fiera del precariato. Una commedia è ribadire che tutto è stato completato o che lo sarà entro pochissimi giorni, perché a occhio e croce ci vorranno mesi e forse non si finirà di lavorare nemmeno dopo il 31 ottobre, anche se non se ne parlerà più. Una commedia è stata la commozione di quelli che si rallegravano per il risultato e che invece avrebbero dovuto lacrimare per la lievitazione esorbitante dei costi dei lavori straordinari, che pagheremo otto volte più del normale. Una commedia è parlare di nutrizione del pianeta in un consesso in cui sono presenti multinazionali note per aver favorito allevamenti intensivi nonché lo sfruttamento di mano d’opera minorile e quello delle risorse del pianeta. Una commedia è riempirsi la bocca con discorsi sulla tutela del contadino e dei piccoli coltivatori perché se il 10% dell’esposizione universale va in quella direzione è già tanto e soprattutto perché la parte “buona” diventa un paravento dietro al quale nascondere che la trasformazione sociale in realtà va nella direzione della grande distribuzione. Una commedia è parlare di salute e di slow food quando si va a braccetto con interlocutori che propinano al mondo junk food, per giunta molto fast. Una commedia è raccontare di avere a cuore l’energia per la vita e la sostenibilità e discutere di questi valori con Eni o coi promotori delle coltivazioni transgeniche, con le quali – c’è da scommetterci – si sfamerà quella parte del pianeta che mangia ancora di agricoltura di prossimità. Una commedia è dichiarare che EXPO sia stato realizzato cercando di ridurre al minimo l’impatto ambientale: accidenti, hanno cementificato con un accanimento scandaloso! Hanno ecceduto talmente tanto con il cattivo gusto e le americanate che quell’orribile e altissimo coso metallico chiamato fantasiosamente albero della vita ci può ricordare al massimo Disneyland piuttosto che evocare il chicchirichì di un gallo, un sonnellino all’ombra del fogliame o il sorgere del sole dietro la collina dei ciliegi. E’ difficile nutrire il minimo dubbio su quale possa essere la concezione del futuro a cui ci destineranno.

EXPO un’eredità sociale avrebbe potuto lasciarcela davvero, se non avesse snaturato il senso dei propositi iniziali per lanciarsi in un’impresa all’insegna del compromesso. Lo scollamento totale tra le dichiarazioni, i proclami e la realtà fa dell’EXPO 2015 un evento di cui non si può gioire. Non credo vi sia un solo italiano con un po’ di sale in zucca che avrebbe voluto boicottare e criticare un’esposizione che mostrasse di voler progettare e proporre soluzioni innovative e tese al benessere dell’umanità, soprattutto di quella parte di umanità che è schiacciata dalla fame e dalla disuguaglianza. La protesta nasce dal sentore d’imbroglio. A proposito di protesta: anche quella aveva l’aria di una commedia. Già vista, ma recitata male e ridotta all’essenziale, come un promemoria. Fuori dalla commedia lascerei il concerto di Bocelli e l’arte italiana che Sgarbi porterà il 15 maggio nel padiglione che gli è stato affidato.

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