Prima era tutto un parlare di slow food

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Prima era tutto un parlare di slow food e di Km 0, c’era perfino l’allure della cultura che piaceva tanto alla sinistra, poi dopo un pò Farinetti ha dichiarato che il Km 0 non lo sopporta e tutti i bei discorsi sulla valorizzazione del cibo artigianale e sulla tutela della sapienza materiale se li è persi per strada: il re della commercializzazione del cibo italiano nel mondo ha gettato la maschera, è un vero venditore per niente raffinato e per niente attento alla sostenibilità. Le frasi che il marchio Eataly usa per farsi pubblicità sono sempre le stesse, ma è pura forma : “Per voi, Eataly ha scelto il meglio: sapori autentici che hanno il valore della passione di chi li coltiva e li produce ancora secondo natura e tradizioni antiche. Buoni nella qualità e anche nel prezzo.” A parte la retorica e la teoria, nella pratica Farinetti detta le sue regole ai piccoli produttori locali che provano a proporre un buon vino o un formaggio di nicchia. Una di queste regole si sta diffondendo rapidamente, non è un segreto per nessuno e nessuno trova da ridire: se offri i tuoi prodotti al gigante la risposta è “per un anno i tuoi formaggi e il tuo vino ce li fornisci gratis, poi si vede”. E’ capitato, anche recentemente. E’ la legge del più forte, se si vuole accedere a quel tipo di mercato bisogna sottostare. I piccoli produttori in tal modo non vengono tutelati né incentivati, non ricevono garanzie, quindi tendono ad organizzarsi tra loro in piccoli consorzi e lottano per non essere spazzati via. Ormai Farinetti detiene il monopolio nel settore alimentare, Eataly è sbarcato anche negli ipermercati come Auchan e Ipercoop creando spazi dedicati al gusto. Farinetti  è proprietario di molti dei marchi che vende nei suoi negozi sparsi nel mondo, ne consegue che l’artigianato locale e i prodotti del territorio – fossero anche ottimi – non gli interessano perché ce li ha già. Tra gli scaffali dei suoi negozi ora ci si trova di tutto, ci sono anche alimenti e bevande comuni che provengono dalla grande industria (la pasta Barilla,per esempio), di quelli che si possono trovare in qualunque supermercato. Dunque non si punta più sul gusto eccelso né sulla ricerca di prodotti regionali particolari e probabilmente la ragione sta  nell’enorme espansione del brand, allora la quantità, se fai il commerciante, conta ben più della qualità . L’atteggiamento verso l’artigiano del cibo è “sei  tu che hai bisogno di me”. Lo stesso meccanismo si ripete con le assunzioni del personale: colloqui di pochi minuti, contratti creativi, stipendi bassi, personale non necessariamente competente, anzi, meno capace è e meno costa, ma deve essere giovane e di bella presenza. “I nostri ragazzi sono tutti giovani e belli”, ha dichiarato Farinetti. I bruttini e i quarantenni disoccupati evitino di andare a chiedere lavoro in quei negozi perché non li assumerebbero. Il mondo del lavoro ormai è così: pochissimi ricchi decidono, tutti gli altri bevono o affogano.

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10 commenti su “Prima era tutto un parlare di slow food

  1. Carlo il said:

    Interessante…
    Formaggi e vini gratis per 1 anno per entrare tra le referenze di eataly? Questa mi era sfuggita. Ma perché, se non è un segreto, non facciamo qualche nome di questi produttori? Mi interessa parecchio la cosa.
    Detiene quasi tutti i marchi? A me risulta.. una quindicina (partecipate) su circa 6000 produttori italiani.
    Paga un tubo? Forse sarà poco, ma i neoassunti beccano circa 1000 euro x 40 ore settimanali, con 13-14 e 15esima più pasti gratis .
    La pasta barilla negli store italiani non c’è. A NY, si.
    Ah, ad esempio ad eataly torino, trovi tanti quarantenni da farci 3 squadre di calcio. Brutti o belli on saprei.
    “Contratti creativi” ? Già sentita. Cos’è un copia-incolla dal FQ? Il contratto è quello nazionale del turismo e non c’è nulla di creativo. Quello è.
    Bye

    • mila il said:

      Caro Carlo,
      la faccenda delle forniture gratis per un anno è verissima, conosco di persona due produttori campani a cui è stato detto proprio così molto recentemente (da qui è scaturita la mia voglia di parlarne), i nomi non li faccio neanche per sogno, non ce n’è bisogno perché, come ho scritto, questa prassi non è un segreto. La stessa proposta Farinetti la fece anni fa per l’apertura a Torino a un compaesano produttore di un ottimo vino, il quale ne parlò in una intervista. La notizia è vecchia. Non ho detto che “paga un tubo”, paga poco. I contratti creativi li ha inventati il FQ? Mi è sfuggito. Sono una realtà, la precarizzazione del lavoro è una realtà, tutto secondo la legge naturalmente, non ho bisogno di fare copia e incolla per scrivere “contratto creativo”, che è anche un termine gentile. La pasta Barilla, la birra italiana e quant’altro sono esposte non solo a NY, ma non in Italia, se non l’ho specificato ho sbagliato e me ne scuso. Per un (ex) sostenitore dell’eccellenza del gusto e della qualità esportare all’estero prodotti comuni già presenti da anni sul mercato è una scelta che si può discutere, come quella di esporre il marchio Eataly nei supermercati italiani. Torino è stato il primo esperimento Eataly, Torino era un’altra cosa, era quello che Farinetti diceva di volere e che ci aspettavamo e che ci piaceva. Se lei è così bene informato sul numero esatto di marchi in possesso di Farinetti non può non sapere che Eataly detiene effettivamente il monopolio assoluto del settore alimentare, si potrebbe parlare di Bologna e del FICO, di Coop, non la finiremmo più. L’argomento del mio articolo riguarda i piccoli produttori, gli artigiani dell’agroalimentare, quelli che non solo non vengono tutelati ma che corrono il rischio di essere spazzati via. Mi sono limitata alle bazzecole. Un caro saluto.

  2. fede il said:

    Parlo del piemonte che conosco più che bene, qui i piccoli produttori, dopo l’arrivo di eataly sono tutt’altro che spariti. Potrei farti l’elenco di micro aziende (3-4 addetti) soprattutto nel settore formaggi -nelle vallate del cuneese- che lavorano benissimo con eataly. Senza aver stravolto la loro produzione. Quando manca il prodotto, stop. Si aspetta, SENZA PENALI, (come invece avviene nella classica GDO). Esiste la “turnazione”. Mai sentito parlare di forniture gratis per un anno. Al massimo, al primo ingresso, c’è lo sconto del 40% sui prodotti-scaffale.
    La proposta al compaesano di farinetti, di cui parli, e cioè, Ceretto (che abita ad uno schioppo da casa mia) era riferita all’entrata in società di quest’ultimo. E conoscendo bene i personaggi, era più una boutade che altro. Ma tra eventuali soci, si fa anche, eccome. Ma parlo di soci.
    Lo stipendio è quello scritto sopra, e questo per chi è appena assunto. Sinceramente non so cosa sono i contratti “creativi”.
    Effettivamente c’è quello del turismo, ed eataly per quel che so, lo applica normalmente, anzi i minimi sono anche più alti.
    I marchi detenuti da farinetti sono più o meno quelli ( al 100%, solo borgogno). Quindi scrivere che quasi tutti i prodotti di eataly sono “suoi”, mi pare un tantino forzato. Su guuugleeee, c’è tutto.

    • mila il said:

      Lei conosce molto bene la realtà piemontese, a me è successo di ricevere notizie nella mia regione da due piccoli produttori che non hanno alcun interesse a mentire e che se me lo permetteranno indicherò con nomi e cognomi su questo blog.
      http://www.dirittiglobali.it/2014/03/16/eataly-limpero-oscar-farinetti/ Questo poi è il link all’articolo che lessi un pò di tempo fa a proposito di Bruno Ceretto, lo può leggere, Ceretto dice di aver ricevuto la proposta di fornire ad Eataly un anno di vino gratis, se abbia mentito o se questo modo di parlare di un amico rientra nel novero delle “boutades” non so cosa dirle. La tendenza a usare questa pratica è reale, e se la tranquillizza non l’ha inventata Farinetti. Quando Eataly aprì a Bologna il negozio di via degli orefici, correva voce che si chiedesse ai produttori vinicoli interessati di fornire inizialmente 120 bottiglie gratis, forse corrispondeva allo sconto iniziale del 40% a cui lei fa riferimento o forse anche questa è una notizia completamente falsa, come è falso il mio articoletto. Ho scritto che i marchi sono quasi tutti suoi? Varie aziende del settore agroalimentare sono anche sue, ma come si fa a non considerare il signor Farinetti l’esponente di un “cartello” del quale fanno parte al 40% le coop e che con ClubItaly annovera Cantine Ferrari, Ferrero, Angelini, Marzotto (vino), Branca, insomma tutte le famiglie del settore? Eataly è la sola piattaforma del cibo made in Italy al mondo, se per lei e per molti altri questa è una buona cosa, per pochi sciocchini come me non lo è, dove non c’è concorrenza c’è pericolo. E non solo per i piccoli artigiani del gusto, il discorso si allarga parecchio. Faccia un pò di ricerche su Guuugleeee, parli con la ggente che nel campo alimentare ci lavora, si stupirà della quantità di notizie tendenziose sull’argomento. Tutti bugiardi? Forse, e come diceva un tizio, anche invidiosi. Saluti.

    • mila il said:

      Ho risposto al commento, anche dilungandomi e spiegando le ragioni per le quali non avrei postato il commento sul blog, né la mia risposta. Se la mail non è arrivata significa che c’è qualche problema col suo indirizzo di posta elettronica. Provo a reinviare. In ogni caso ogni blogger ha facoltà di pubblicare o meno i commenti, e a me è sembrato che la discussione stesse assumendo un carattere “personale” oltre a essere ripetitiva, poco interessante per gli ospiti. Se ci tiene tanto, spero abbia conservato una copia del commento, lo pubblico e pubblicherò anche la mia risposta. Saluti.

  3. fede il said:

    scusa, ho letto la mail solo ora, no problem.
    Non tengo copia dei commenti e sinceramente non ho voglia di riscrivere e comunque non mi pareva nulla di personale, anzi… riportavo solo le mie opinioni, conoscendo “abbastanza” bene quella realtà.
    Questa frase, però, la ritengo molto “creativa” : “ne consegue che l’artigianato locale e i prodotti del territorio – fossero anche ottimi – non gli interessano perché ce li ha già. ”
    Posso ancora lasciare, per una eventuale discussione futura, uno stralcio della risposta (al Fatto del 18 marzo) di farinetti.
    http://s21.postimg.org/v24tk8kqf/senza_titolo1.gif

    ciao
    PS ma si autoproclama paladino del recupero della tradizione contadina?
    Io l’ho sempre sentito dire di essere solo un Mercante.

    • mila il said:

      Sai perché ritengo i tuoi commenti un fatto “personale”? Perchè alla normale e sana discussione sui temi unisci una critica al mio articolo rigo per rigo, frase per frase, ed è raro riscontrare questo genere di commenti nei blog. Sinceramente dedicarsi a rispondere in maniera così capillare agli ospiti molto pignoli significa occupare del tempo, pensa se fosse sempre così! Solitamente ci si limita a contrastare un’idea, un’opinione, tutto l’articolo in toto, ma non si fa l’analisi delle parole. Si può dare direttamente dell’idiota all’articolista a quel punto e si raggiunge lo scopo più semplicemente. Adesso trovi creativa una mia espressione. Pazienza, ribadisco in ogni caso il concetto: è il piccolo fornitore che ha bisogno del grande distributore e non viceversa, fino a prova contraria e fino a quando i fornitori di piccolo calibro smetteranno di lamentarsi, perché si lamentano, e adesso sto parlando di una situazione generale e non di Eataly. Conosci abbastanza bene la realtà del settore ma è possibile che tu abbia avuto la fortuna di non riscontrare mai nessun tipo di disfunzione: ne sono lieta per te e per il mondo perfetto di Eataly. Rispondo anche al PS: si, Farinetti ha basato il successo del suo brand proprio sui discorsi legati alla salvaguardia delle realtà territoriali d’eccellenza, gli slogan vanno tutti in direzione di una poesia Slow food, non sono la sola ad essersene accorta! Qualcuno trova i pomodori cuore di bue negli scaffali Eataly a maggio e si domanda se siano primizie, visto che una delle frasi più famose è “facciamoci furbi, i cibi stagionali costano meno”.
      Questo è quanto ho trovato pochi giorni fa su “l’inkiesta”, in un articolo che parla molto bene di Farinetti e del suo Eataly: “Il solo media che a ogni apertura di un nuovo sito cerca di seminare zizzania o trovare il difetto socio-politico-economico è Il Fatto Quotidiano a cui Natale Oscar non si sottrae se c’è da rispondere a domande o precisare punti controversi, uscendone con buonsenso e dando sempre la sensazione al lettore non prevenuto che sono loro dei rompiscatole e che ha ragione lui perché dà lavoro ai giovani e vende cose buone. Per sentirne parlar male, anche off the record, bisogna allora rivolgersi a qualche piccolo produttore che non si è piegato alle logiche di Eataly. Non scorrette, sono quelle scolpite nella pietra del sistema Gdo: magari si aspettava aria nuova in cucina, invece per entrare o fai così o nothing.” Te lo segnalo perchè, come ti ho scritto nella mail privata, a me per ora interessano solo le modalità d’ingresso, il resto è opinione personale di ognuno di noi. Saluti.

  4. Carlo il said:

    Seguo con interesse questi scambi di battute. Mila, su una cosa, se mi permetti, non hai molto ragione: sul fatto che trovi strano questo tipo di commenti. Leggo i blog da quando sono nati, parlo del settore cibo-vino e bla bla. Commenti ed attacchi precisi, parola a parola, non escludono una visione generale. Basta leggere Bonilli (non è l’ultimo arrivato) con il suo vecchio paperogiallo o la gazzettagastromica, oppure Dissapore, Vinoalvino di Ziliani o Cronochedibirra, ecc.
    Ecco, la birra, avevo letto quelle righe che hai citato, proprio su qualche blog birrofilo; stando a loro, OF ha preso la peroni perché fa milioni di ettolitri e quindi detto terra-terra ci guadagna ed invece le artigianali sono solo il 2%. Ma stiamo scherzando? Se eataly vende 1 peroni, di artigianali ne vende 20.
    Per il resto, la verità spesso sta nel mezzo.
    Saluti.

    • mila il said:

      E’ possibile che io sia molto distratta, però davvero mi pare che raramente si scenda nei particolari, e soprattutto che si vada avanti sulle stesse cose per due, tre, anche quattro volte consecutive. Si è ben capito che a Fede il mio articoletto non è piaciuto neanche un pò 😉
      La birra: che Eataly vende la birra Moretti o le altre birre nazionali l’ho saputo da un carissimo amico che abita a NY da 25 anni, lui si diverte molto a vedere le file di persone impazienti di entrare nel tempio del gusto italiano, si diverte perché considera quel tempio un bel supermercato, non altro.
      Certo, la verità sta nel mezzo, sempre. L’importante è che ogni tanto da qualche parte la si trovi, un pò di verità.
      Grazie per il tuo intervento, un saluto.

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