Mentiamo tutti

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Mentiamo tutti. Siamo sommersi dalle bugie. La pubblicità dice bugie, la politica dice bugie, la stampa dice bugie, i bambini dicono bugie, noi diciamo bugie. A parte le prime tre categorie – pubblicitari, politici e giornalisti – dalle quali ci sappiamo difendere più che in passato – le bugie dei bambini servono a farli crescere, le nostre a evitarci una vita d’inferno in parecchie circostanze. Le bugie buone e salvifiche sono utili, rappresentano una forma spicciola di diplomazia; l’importante è evitare assolutamente di abusarne. La verità in certi casi è acida ed è anche crudele. Chi di noi sarebbe soddisfatto se qualcuno alla domanda “ti piace il mio nuovo taglio di capelli?” rispondesse “è terribile, ti sta malissimo”? E chi sarebbe contento di sentirsi dire dagli amici che ha invitato a cena “datti all’ippica, in cucina sei una frana”? Nessuno vuole sapere la verità su molte cose. Se la nuova compagna di un parente o di un amico ci sconvolge per la sua insipienza o per la sua volgarità che facciamo, glielo diciamo? Anche se il parente o l’amico sono innamoratissimi e non gliene importa niente del nostro giudizio, è matematico che il rapporto con noi si guasterà. E se abbiamo una seria ma temporanea preoccupazione andiamo a spaventare nonne e zie anziane o troviamo una scusa per giustificare il malumore? Le bugie innocue, cortesi, rendono la vita più gradevole a noi e a chi ci sta vicino. Non è disdicevole inventarsi un’emicrania per rifiutare un invito piuttosto che rispondere “non ho voglia di uscire, sto così bene a casa mia, voglio finire di leggere un libro”. Mentire per non dispiacere, preoccupare e offendere le persone che ci circondano è decisamente saggio, purché non si confonda questa saggezza con la libertà di passare la vita a  prendere per i fondelli il prossimo, magari una Paola, oppure un Paolo. Più o meno così:

“No stasera non posso proprio, Paola. Vado a cena dai miei”

“Non ti credo, è una scusa per vederti con un’altra!”

“Un’altra chi? Ma scherzi? Chiamami più tardi dai miei se non ci credi”.

Lei si tranquillizza? Potrebbe essere tanto sospettosa e gelosa da voler verificare con una telefonata a casa dei genitori di lui? Naaa. E se invece lo facesse? Il mentitore deve assolutamente avvertire la madre. 

“Mamma, se stasera dovesse chiamare Paola per favore dille che sono in bagno, anzi no, aspetta, dille che papà ha avuto un calo di pressione, è quasi svenuto e l’ho portato in ospedale.”

La mamma s’incavola e fa gli scongiuri, ma il bugiardo è in una botte di ferro e può uscire tranquillamente con un’altra. Paola intanto – che faccia la telefonata di controllo oppure no – non saprà di avere le corna. Succede.

Ci sono anche le bugie dei fantasiosi e dei creativi, che amano colorire o esagerare i fatti banali con una narrazione iperbolica, con la recita, e quelle sono le bugie più gustose: affascinano, divertono, chi le racconta è sempre simpatico. Il peggiore dei mentitori è l’opportunista, quello che mente per raggiungere uno scopo preciso e che spesso attacca le sue prede partendo da lontano, procedendo per cerchi concentrici fino alla meta, quando ormai la vittoria è sicura e la vittima è cascata nel tranello senza neanche accorgersi. Il bugiardo più indifeso e meritevole della nostra attenzione è colui che mente per nascondere una difficoltà: l’alcolismo, la dipendenza dalla droga o dal gioco. Si tratta di un tipo di bugiardo che nuoce solo a se stesso, che non sa o non vuole chiedere aiuto perché si vergogna o perché crede di poter gestire le cose da solo.

I problemi sorgono quando la bugia fine a se stessa diventa seriale, quando non possiamo più fare a meno di rappresentare una realtà inesistente o di dare un’immagine di noi che è completamente falsa. Ci si incammina sulla strada della mitomania. I mitomani non sono pochi. I social li hanno moltiplicati. Mentono senza una ragione precisa, mentono per piacere a tutti, per soddisfare aspettative troppo alte, per insicurezza, oppure perché non sono per niente soddisfatti della loro esistenza e ne costruiscono una parallela. Finché si limitano a vivere la loro seconda identità solo nel mondo virtuale sono abbastanza protetti, possono farla franca. Quando lo fanno nella vita reale, quella di tutti i giorni, possono sorgere un sacco di problemi. Il bugiardo seriale deve avere una memoria di ferro, se non un’agenda su cui annotare tutte le fesserie che ha raccontato e a chi. Crede di avere la situazione sempre sotto controllo, si esalta del fatto di riuscire a non farsi mai smascherare e non è consapevole di mettere in atto talvolta una sottile manipolazione degli altri. Se il mitomane viene scoperto crolla, stramazza, esplode come una bomba e si tira appresso tutto il minuzioso lavorìo precedente: non sa più ritrovare la strada. Arriva al punto in cui chiunque lo può mettere sotto, e forse si accorge che la cosa migliore per lui è andare a sdraiarsi sul lettino di uno psicanalista.

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