No etero? No party

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No etero? No party

Vuoi comperare un abito nel mio negozio? Se sei omosessuale non puoi. Gli Hoosiers, vale a dire gli abitanti dello Stato dell’Indiana, da adesso in poi potranno rifiutarsi di vendere servizi ai gay. La legge firmata dal governatore Mike Perce è stata approvata per  proteggere i religiosi di ogni fede che si sentono minacciati dal mondo LGBT.

No etero? No party. Ridete per favore. Nello Stato dell’Indiana (6 milioni di abitanti) il governatore Mike Pence – che è pure repubblicano – ha adottato una legge davvero singolare che sta facendo molto discutere: chi vorrà potrà rifiutarsi di offrire servizi ai gay. I commercianti che per difendere la loro fede religiosa decidessero di non vendere nulla agli omosessuali da ora avranno il diritto di farlo. Gli albergatori, i negozi di alimentari, i parrucchieri, i sarti, le società in genere, insomma chiunque si sentisse offeso al solo pensiero di avere come cliente un omosessuale avrà la libertà di dirgli “vade retro”.

Il bello è che il governatore afferma che la legge non è assolutamente discriminatoria, secondo lui si tratta semplicemente di difendere quelle categorie di cittadini che per motivi religiosi soffrono se sono costrette a trattare con “certa gente”. Roba da matti, ancor più se si pensa che siamo negli Stati Uniti del 2015. Credevo fosse uno scherzo, all’inizio. Non è uno scherzo, e c’è anche un’altra cosa che mi stupisce: la legge viene molto criticata non per i suoi forti connotati razzistici ma per i danni economici che porterà allo Stato. Indianapolis, la capitale, ospita uno dei più famosi circuiti automobilistici al mondo per esempio, ma vi sono numerosi eventi e conventions che ogni anno si svolgono proprio nell’ Indiana e che garantiscono milioni di dollari e migliaia di avventori. La Camera di Commercio è fortemente contraria al provvedimento, ha paura che per evitare di creare problemi ai propri clienti molte compagnie e industrie si terranno d’ora in poi lontane dall’Indiana.

Le pressioni contro la legge arrivano quindi dal mondo del commercio e dal mondo dello sport, settori che ci rimetterebbero dal punto di vista finanziario. Gli altri stanno zitti? Nessuno, a parte il popolo LGBT, si sente minacciato dal Religious Freedom Restoration Act di Mike Perce? Nessuno pensa che sia importante e necessario far comprendere ai fedeli che l’omosessualità non minaccia la religione e non mette in pericolo i valori altrui? Non li chiamerei neanche valori, a questo punto. Nessuno teme che il consolidamento della democrazia e dei diritti possa subire qualche scossone da un provvedimento che per “proteggere” una parte della società ne discrimina un’altra? E nessuno si ribella al fatto che la fede religiosa influenzi la legge in uno Stato laico? Se altri governatori di altri piccoli Stati come l’Indiana volessero seguire l’esempio di Perce probabilmente i dormienti si sveglierebbero e comincerebbero a impensierirsi. Non è detto che la prossima volta debba toccare per forza sempre ai gay: nessuno si senta escluso, e a questo proposito voglio raccontare un episodio, tanto per dare un’idea del livello di fanatismo e di intolleranza che c’è in giro anche riguardo alle piccole cose.

New York, Manhattan, settembre 2012: una bella ragazza italiana va in giro per negozi in cerca di un vestito carino. Nota all’esterno di una boutique una serie di abiti esposti su uno stand, li guarda con attenzione e ne sceglie uno. Finisce di fumare la sua sigaretta, la spegne, la getta in un contenitore di rifiuti poco distante e poi entra nella boutique per chiedere di provare il vestito che le era piaciuto. Il negoziante con tono perentorio e severo la invita ad uscire subito: lui non vende nulla ai fumatori. Vagli a spiegare che tra i compratori c’è di tutto, e che se entrano in negozio un assassino o uno stupratore, quelli non ce l’hanno scritto in fronte.

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