Non è un paese per mamme

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Non è un paese per mamme

Il welfare che potrebbe consentire alle donne che lavorano di conciliare cura dei piccoli e professione è quasi inesistente. Negli altri paesi europei, in media, si spende per le madri e per le famiglie il 39% in più che in Italia. Per la crescita dei bambini la spesa pubblica italiana è addirittura inferiore a quella degli altri Stati membri del 50%.

Non è un paese per mamme il nostro, malgrado tutto il mondo conosca la retorica monumentale che da sempre circonda la figura della madre italiana: la più amata, solerte, affettuosa, abnegata e appassionata che si possa trovare. La madre italiana in teoria e nell’immaginario collettivo sta su un piedistallo, nella pratica vive ogni giorno come fosse una scommessa: le mamme lavoratrici sono acrobate, campionesse di salto mortale. Come si risolvono tutti i problemi legati alla maternità? A suon di regalini. Renzi con la storia degli 80 euro consola e tutela, si è creato un bel codice d’accesso nei cuori degli italiani adottando un metodo populista e vecchio che a quanto pare funziona sempre: non per aggiustare le cose e migliorare realmente le condizioni del paese ma per piacere certamente si. Nei tempi andati Mussolini dava premi in denaro a chi faceva più figli, e a chi si sposava il 28 ottobre in omaggio alla marcia su Roma. Tassava i celibi, invece, per convincerli a fare famiglia. Tutto veniva regolato e risolto a forza di premi e punizioni, allora. Adesso solo premi, in modo che se si dovesse andare a votare il plebiscito sarebbe garantito. Il consenso che si cerca (e che ahinoi si trova) mettendo 80 euro in busta paga agli italiani è  lo specchio dell’irrazionalità che ci domina tutti, cittadini e governanti.

Il welfare che potrebbe consentire alle donne che lavorano di conciliare cura dei piccoli e professione è quasi inesistente. Negli altri paesi europei, in media, si spende per le madri e per le famiglie il 39% in più che in Italia. Per la crescita dei bambini la spesa pubblica italiana è addirittura inferiore a quella degli altri Stati membri del 50%. In teoria le donne dovrebbero sentirsi sufficientemente tutelate da una serie di normative come il congedo di maternità retribuito, quello parentale, gli assegni di maternità e alla famiglia. In teoria, perché nella realtà i congedi retribuiti per la maternità calano ogni anno, e questo significa non solo che si fanno meno figli per ragioni economiche e per difficoltà pratiche ma significa anche che le aziende – in piena crisi – non desiderano dipendenti che non siano produttivi e presenti al 100%. La riduzione delle ore di lavoro per le madri fino al compimento dei tre anni del bambino è obbligatoria, ma se si facesse un’indagine ci si accorgerebbe che le aziende non la accordano facilmente, anzi! Siamo in tempi di vacche magre, le donne si sentono sotto ricatto, hanno paura di perdere il posto. Va detto che l’Irpef per le aziende che hanno assunto donne con contratto part-time è stata dimezzata, ma non è bastato.

Mancano soprattutto le strutture pubbliche, che sono importantissime. Gli asili nido e i vari servizi integrativi per le famiglie in cui tutti e due i coniugi sono impegnati con il lavoro – efficientissimi e numerosi nel resto d’Europa – sono sufficienti a malapena ad accogliere il 14% dei bimbi in età prescolare, questo è un dato da paese sottosviluppato. Renzi si preoccupa di regalare 80 euro alle nuove mamme e non di incentivare la creazione di strutture pubbliche indispensabili, né di aiutare le mamme disoccupate, quelle separate che crescono i figli da sole. La totale assenza di un piano concreto e razionale che aiuti seriamente le madri crea solo disparità e caos: accadrà che gli 80 euro andranno a chi già usufruisce di altre forme di assistenza mentre intere fasce di popolazione non vedranno un solo euro. Questi benedetti bonus renziani non servono a nient’altro che a rafforzare la sua leadership.

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