Premio Strega punisce i piccoli editori

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Premio Strega punisce i piccoli editori

Il Premio Strega, il più importante d’Italia per scrittori ed editori, inserisce una regola nuova: un libro pubblicato da una piccola casa editrice deve assolutamente entrare in finale. Che bello, meno male, vero? Peccato che i piccoli editori dovranno svenarsi :se vorranno partecipare dovranno regalare un numero spropositato di copie ai giurati. Nell’era digitale suona strano, non sarebbe stato meglio fornire ai lettori in giuria i libri in pdf o gli ebooks?

Premio Strega punisce i piccoli editori: apparentemente la nuova norma che stabilisce l’inserimento di un libro edito da un piccolo o medio editore nella cinquina dei finalisti sembra favorire finalmente quella parte del mondo editoriale che è sempre stata esclusa dai giochi. Invece non è così, i favoriti in ogni caso restano i grandi, le case editrici che hanno maggiori possibilità economiche, maggiori contatti, maggiori possibilità di interferire sul giudizio dei giurati. Come sempre, nuove regole e vecchi sistemi. La cosa ridicola è che la nuova regola impone ai piccoli editori di regalare 500 copie ai giurati, e solo questo basta e avanza per capire che certe volte le regole si inseriscono in fretta – mi sa – solo per favorire la presenza in cinquina di qualcuno, anzi nel caso dell’edizione di quest’anno di uno in particolare: Elena Ferrante, la quale guarda caso pubblica con un editore medio, e che ha già fatto sapere che se il suo libro non rientrasse tra i finalisti lo Strega sarebbe indifendibile.

500 copie omaggio per editori come MdS o Carmignani (ma ce ne sono tantissimi) sono un salasso, non se lo possono permettere, al massimo potrebbero regalare una quarantina di copie, e non è possibile che il comitato direttivo del premio non conosca questa realtà. Un editore veramente piccolo stampa al massimo un migliaio di copie di un libro: come fa a regalarne la metà? Cosa faranno i piccoli imprenditori della carta stampata, allora? Alcuni, arrabbiatissimi, non parteciperanno affatto, anche perché entro aprile bisognerà assolutamente consegnare le 500 copie pena l’esclusione, e questa fretta crea ancor più difficoltà a chi non sa come arrabattarsi. Altri – arrabbiatissimi pure loro –  faranno magari pagare agli scrittori partecipanti quelle 500 copie perché non hanno scelta, perché il premio fa gola, perché non vogliono rimanere sempre a guardare. Eppure mi sa che la spesa in ogni caso non varrà la pena, né per gli editori né per gli scrittori desiderosi di farsi conoscere. Perché? Perché i giochi sono già fatti, tutti gli anni è così. Il “prezzo” da pagare rivela ancora una volta l’enorme dislivello e le discriminanti tra i colossi dell’editoria o “gli agganciati” e i nani, i quali spesso pubblicano libri molto più interessanti e belli di quelli che stanno sempre in vetrina e che vengono pubblicizzati in televisione e sui giornali. Cultura ormai fa rima con commerciale, si sa, e non c’è altro da dire.

Fonti: Il Fatto Quotidiano – ilfaroonline.it

 

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