Tutto ormai è bianco o nero.

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Tutto ormai è bianco o nero. Un esempio della nostra incapacità di affrontare la complessità della realtà che ci circonda è la reazione unanime di condanna nei confronti del padre di Antonino Speziale – il ragazzo accusato dell’omicidio dell’agente Filippo Raciti – quando ha deciso di querelare la signora Grasso, vedova del povero Raciti. Speziale senior spiega così il suo gesto: “Ribadendo l’innocenza di Antonino che ha subito una condanna ingiusta, frutto esclusivo di un clamoroso caso di errore giudiziario – scrive nella querela – trovo, da padre, che le espressioni utilizzate dalla vedova del poliziotto, quali ’assassino’ e ’mercante di morte’, siano altamente infamanti ed enormemente lesive del mio onore e del mio decoro, nella mia qualità di educatore: oltre che lesive nei confronti di mio figlio”. 

La signora Grasso rappresenta agli occhi dell’opinione pubblica non solo la vittima di un dolore inconsolabile bensì il bene, la legalità, lo Stato, le forze dell’ordine, il dovere contrapposto al disordine, il buon senso dell’onestà contrapposto alla devianza e alla brutalità. La sua individualità è trasfigurata, è diventata un’icona per i sostenitori di una morale che ci spinge a dare risposte certe a tutte le domande, di una morale fondata sulla dicotomia netta e precisa tra bene e male, tra buono e cattivo e che rafforza mirabilmente ed inconsapevolmente il nostro conformismo. La signora Grasso, beninteso, ha diritto al nostro rispetto e a tutta la nostra solidarietà. Sto semplicemente dicendo che le è stato attribuito un ruolo, e che è vittima due volte: di una triste perdita e del suo ruolo.

In una vicenda come quella occorsa a Raciti ci vuole meno di un secondo per scegliere: da un lato c’è un bravo ragazzo che fa il poliziotto e che nell’esercizio della sua funzione di tutore dell’ordine muore,  dall’altro lato c’è un insensato, un balordo che forse non disdegna la violenza e che è stato anche accusato di spaccio per essere stato trovato in possesso di 3,4 grammi di erba. Antonino Speziale è stato condannato per omicidio dopo tre gradi di giudizio, e questo facilita ancora di più le cose: la collettività lo detesta e si affida a tutto il pragmatismo di cui dispone per giudicarlo un criminale.   

Roberto Speziale, il padre del condannato, è un uomo sopraffatto da qualcosa di molto più grande di lui. Per il popolo ultras suo figlio è innocente, per l’opinione pubblica con quella querela ha eguagliato l’oltraggio di Genny ‘a carogna con la sua maglietta, ha offeso la memoria di Raciti, ha colpito una donna provata che è il simbolo dell’Italia perbene, dunque la disapprovazione è ancora una volta unanime. Roberto Speziale non può difendere il figlio pubblicamente e non ha diritto di replica, deve limitarsi ad attendere che la domanda di ricorso venga accolta e che si rifaccia il processo. La querela alla signora Grasso è vista come una intollerabile provocazione. Poco importa che i fatti potrebbero non essersi svolti come ci è stato raccontato, poco importa che Raciti durante i disordini fosse stato investito da un furgone delle forze dell’ordine – un furgone guidato da un suo collega – e poco importa che Speziale non fosse stato il solo a colpire il Raciti. E’ così che la vita di uno sbandato si riduce a riserva mentale per tutti noi e funge da certezza : Speziale è il male.

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