Schettino in dialetto napoletano

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Schettino in dialetto napoletano

Schettino in dialetto napoletano si può definire subito, e con efficacia. Il napoletano per varietà di vocaboli e per ricchezza espressiva in realtà è più una lingua che un dialetto. Napoli ha rubato dalle dominazioni, ha stratificato e modificato le parole mescolando il greco, il latino, l’arabo, il francese, lo spagnolo, ma non solo. Forse solo la lingua tedesca ha la stessa perfezione linguistica, la stessa capacità di racchiudere in un solo vocabolo la complessità di più accezioni. E’ difficile stabilire l’etimo della parola che meglio spiega Schettino: chiachiello. Chiachiello attribuisce un connotato caratteriale ben preciso, declassa istantaneamente, descrive un individuo come fanfarone, opportunista, incapace. Potrebbe avere una radice onomatopeica, “chià chià”, nel senso di chiacchiera, perché il chiachiello parla a vanvera, oppure potrebbe derivare dal greco “blakikos”, che significa codardo. Ancora, chiachiello  potrebbe essere una libera traduzione di “cualquier”, termine spagnolo che vuol dire qualunque, mediocre.

Quale che sia l’ispirazione che l’ha generato, l’aggettivo è perfetto per il comandante, il quale dal giorno del disastro che provocò la morte di 32 crocieristi è stato fotografato nei più disparati contesti: nella cabina di comando di una bella nave, in cattedra in un ateneo, sull’isola di Ischia dove si trovava in vacanza. In quel di Ischia, circondato da donne, alla guida di un motoscafo oppure al white party nella dimora di Pietro Graus, Schettino appariva abbronzatissimo e sereno. Le sue espressioni compiaciute e il suo sorriso non lasciavano trapelare i suoi reali sentimenti di dolore per quanto accaduto ai passeggeri della Costa Concordia, e il perché lo spiegò proprio Pietro Graus: il comandante è un uomo abituato agli orizzonti infiniti, al silenzio delle lunghe traversate per mare, non sa esprimere le proprie emozioni, ha difficoltà a mostrarsi per quel che realmente è, non esterna il suo dramma interiore.

Effettivamente fino a oggi la sola cosa che abbiamo capito di lui è che non si ritiene responsabile di nulla. Ci vuole un libro, allora. Ed è per parlare di questo argomento che Graus invitò Schettino alla sua festa la scorsa estate: editore e futuro scrittore hanno gettato le basi per un contratto editoriale, oppure il contratto è stato già firmato, chissà. Fatto sta che presto l’incompreso comandante avrà la possibilità di raccontare il suo punto di vista, di accusare quanti in questi anni ne hanno fatto un capro espiatorio e un perseguitato. Un libro ci farà comprendere finalmente quanto abbia sofferto il comandante e quanto ingiustamente. Intanto si scoprono altri particolari: i passeggeri pagavano 70 euro per assistere dalla plancia ai famosi inchini, e da quanto ho capito non accadeva solo durante quella crociera, si tratterebbe di una prassi abituale. Schettino afferma “Considerato anche l’aspetto commerciale volevo prendere tre piccioni con una fava”, cioè fare un piacere a Tievoli (ex comandante residente al Giglio), “omaggiare l’isola e Palombo” (maître della nave) e dare un valore aggiunto all’aspetto commerciale della crociera. I chiachielli sono generosi, per questo piacciono, suscitano curiosità e benevolenza. Evocano anche il profumo dei soldi, che cosa si vuole di più?

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