Settembre, andiamo, è tempo di restyling

Share

Settembre, andiamo, è tempo di restyling. E venne il giorno in cui, grazie a una fotografia, tutti gli europei si risvegliarono finalmente umani, finalmente compassionevoli e accoglienti. Tutti, non solo i cittadini comuni, tutti: Merkel, Camerun, Hollande, i governanti belgi e finlandesi dopo aver visto Aylan spiaggiato a Bodrum non hanno potuto fare a meno di convertirsi: da che giocavano al gioco delle tre scimmiette (non vedo non sento non parlo) improvvisamente sono stati folgorati. Prima no, prima le fotografie di migliaia di cadaveri annegati o asfissiati e le storie di migranti picchiati o sparati alle frontiere non riuscivano a scuotere le coscienze di uno solo tra loro. Ci voleva Aylan, che – come osserva Carlo Freccero in un articolo su Il Manifesto – rappresenta un perfetto messaggio progressista, in grado di scardinare la xenofobia. Freccero dice che il bimbo “è vestito all’occidentale e somiglia a noi”, indossa scarpine da bambolotto, commuove chiunque per la tenera età e per la somiglianza coi nostri figli. Questa analisi che mi pare involontariamente terribile ci fa capire che se in luogo di quel povero corpicino ci avessero mostrato ancora una volta la foto del cadavere di un adulto nero, bruttino, senza calzature da bambolotto e con indosso abiti di foggia non occidentale noi non avremmo capitolato, e nemmeno i governanti. Serviva qualcosa di più forte.Usare un bambino morto e parlarne in questi termini fa molta impressione, spaventa. Ci si ingegna per reperire sotto grovigli di sordi conflitti culturali un granello di carità che vada bene per tutti, si trova “la soluzione” casualmente su una spiaggia, e da quel momento la narrazione – già distorta e falsata – ci conduce in una nuova direzione, obbligatoriamente e in completa contraddizione con quanto era stato non detto e non fatto fino a una settimana prima dalla UE e dalla comunità internazionale.

Della famiglia di Aylan è rimasto in vita solo il padre: una tragedia. Una tragedia che non perderebbe una sola briciola del suo carico di dolore se ci venisse raccontata rispettando la realtà dei fatti. Mi spiego: su The Guardian, come su altre testate straniere, si può apprendere che la famiglia Kurdi, di etnia curda, non stava esattamente scappando dalla Siria in guerra, non adesso: il nucleo familiare si era spostato già tre volte, fino ad arrivare in Turchia dove ha abitato per tre anni. I Kurdi vivevano in un appartamento in affitto che la sorella del capofamiglia pagava dal Canada, dove risiede da molti anni. Abdullah, il padre di Aylan, lavorava come muratore per la misera paga di 17 euro al giorno. Stava cercando di ottenere il permesso di recarsi in Canada per trovare una sistemazione migliore e più dignitosa, ma le autorità canadesi gli hanno negato l’asilo considerandolo un migrante economico. Eppure si trattava di una famiglia proveniente da Kobane! A quel punto Abdullah ha scelto la via del mare per raggiungere l’Europa, e il barcone sul quale viaggiava coi suoi cari disgraziatamente si è rovesciato a causa del mare molto agitato, provocando l’annegamento di moglie e figli.

La storia è straziante – lo ripeto anche se è inutile – però mi domando per quale ragione la stragrande maggioranza dei media omette il particolare che la famiglia – quando è salita sul barcone – non scappava dalla guerra siriana ma da un paese in cui si era stabilita da ben tre anni, gli anni che aveva il piccolo Aylan. La Turchia non è certamente il massimo, e non è ospitale coi curdi, quantomeno la famiglia Kurdi si trovava al sicuro dalle devastazioni della guerra. Non dimentichiamo che i siriani ospitati in campi profughi nei paesi vicini – le cosiddette internally dispiaced persons – sono attualmente 7 milioni. Non avrebbe alcuna importanza soffermarsi sui particolari e mettere i puntini sulle i se i media non avessero deciso con straordinario cinismo e con esemplare tempismo di offrirci in prima visione e poi replicandola all’infinito la morte di un piccolino per farne 1) il simbolo della tragedia dei siriani e di quanti fuggono dai bombardamenti, 2) la vera ragione della conversione della UE.

Share
Precedente La lettera di Saviano a Renzi Successivo Campi di internamento per migranti