Siamo circondati, che entri il dittatore

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Siamo circondati, che entri il dittatore

La novità dello scandalo romano sta nel fatto che capita a fagiolo, arriva in un momento economicamente disgraziato e istituzionalmente traballante. Mitizzare il potere e il paese intero come il centro e il coagulo di tutti i mali genera angoscia e rassegnazione, ma genera anche nelle coscienze il desiderio di qualcuno che arrivi e realizzi un mondo ordinato e pulito. Chi?

Siamo circondati, che entri il dittatore. La decadenza organizzata ci ha assediati, non abbiamo scampo. Il fascio di luce che sta illuminando per noi l’oscurità da cui emerge una gigantesca rete di dominio criminale e di denaro, di paura e di omertà, di abitudini collettive radicate, di intrecci mostruosi, quel fascio di luce ci fa sapere che siamo arrivati a un punto di non ritorno e che i politici sono deboli e in balìa dei prepotenti. Ci vorrebbero decenni per liberarsi, per restituire ai territori la loro natura primigenia, ora completamente dimenticata. Da chi siamo stati governati? E oggi, chi ci governa? Tutti corrotti i politici? Ci stanno facendo intendere senza dirlo che chiunque di noi si trovasse lì, nel palazzo o negli uffici amministrativi, in una stanza del comune di vattelapesca o in un cda qualsiasi, sin dal primo giorno – volente o nolente, buono o cattivo, cinico o baro, puro o ignavo – si troverebbe immediatamente gravato dalle circostanze. Sarebbe spaventato, attaccato mani e piedi, accodato agli altri più anziani già avvezzi, un pupazzo costretto a muoversi nel fango e a non reagire. Il faro che sta illuminando lo scandalo dando corpo ai nostri sospetti ci racconta questo, attenzione: ci racconta che ci vorrebbe qualcuno fuori luogo, qualcuno che non appartenesse alla geografia dei soliti noti e che per questo non la subisse. C’è chi è tanto ingenuo da credere che i deputati pentastellati o un altro gruppetto di puliti che hanno solo sentito l’odore del marcio ma non ci hanno mai avuto a che fare basterebbero a risistemare il paese? Non riuscirebbero a cavare un ragno dal buco. Finora tutto è stato delegato ai magistrati. Per governare senza delegare ci vorrebbe proprio un bel dittatore che non guardasse in faccia nessuno. Non la sentite la vocina che suggerisce l’idea?

Un dittatore? Un’ altra stagione di aggiornamenti, di arresti e di pentoloni scoperchiati e vedremo che oltre metà del paese si ritroverà a pensare: qui ci vuole un dittatore. La parola è brutta tanto quanto la parola mafia, noi siamo democratici e amiamo la libertà, lo diciamo con veemenza, poi ci guardiamo in faccia gli uni con gli altri e ci viene da ridere: questa è ancora una democrazia? E di che genere di libertà stiamo godendo? Siamo ostaggi da nord a sud, la ‘ndrangheta è radicata a Milano da 40 anni, a Torino da 20, al sud le mafie spadroneggiano da troppo tempo per fare i conti: siamo liberi di farci scippare la vita, il lavoro, i meriti, il futuro, il denaro. Che le mafie siano infiltrate in politica è storia vecchia, la novità dello scandalo romano sta nel fatto che capita a fagiolo, arriva in un momento economicamente disgraziato e istituzionalmente svuotato e traballante.  Può essere Renzi col suo governo a toglierci dalla testa l’idea che niente può cambiare? Sanerà il potere vile o corrotto, le interferenze del malaffare e della mafia? Non ha nemmeno il coraggio di fare una legge sul conflitto di interessi! L’uomo solo al comando adda venì, Renzi è di passaggio. E’ questa la grande novità: mitizzare il potere e il paese intero come il centro e il coagulo di tutti i mali genera angoscia e rassegnazione, ma genera anche il desiderio di qualcuno che arrivi e realizzi un mondo ordinato e pulito. Saremo disposti – tempo al tempo – a sacrificare molto pur di mettere fine all’azione dei predatori, siano essi delinquenti, funzionari pubblici, servizi segreti o imprenditori. In ogni italiano alberga ben radicato il convincimento che i cittadini perbene non abbiano la possibilità di intervenire, neppure col voto: tanto non cambia mai niente, è la nostra unica certezza. Quale terreno più fertile per lasciar radicare una bella idea di salvezza definitiva? Ma si, siamo quasi cotti a puntino, quasi pronti alla standing ovation: che entri pure in scena il dittatore, l’uomo d’ordine, l’uomo delle pulizie.

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