Vorrei allattare in Parlamento

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Vorrei allattare in Parlamento, vorrei poter fare la mamma anche se sono una deputata, vorrei un asilo nido , una nursery a Montecitorio. Le parlamentari italiane ora sono tante, e dopo aver ottenuto che alla barberia di Montecitorio si affiancasse il parrucchiere, ora chiedono che le loro necessità di neo-mamme vengano tutelate perché non è giusto penalizzare le donne che costruiscono una famiglia e contemporaneamente lavorano in politica. Dicono che rispetto al resto d’Europa le deputate italiane non godano di altrettante agevolazioni, siamo sempre il fanalino di coda, e non solo quando si tratta di diritti.

Alt, un momento: il tema sarebbe da prendere in seria considerazione se nel paese le donne comuni e dunque le famiglie sapessero che fine ha fatto il welfare, perché non esiste. In fatto di strutture pubbliche per l’infanzia, detrazioni e agevolazioni per le donne lavoratrici, nella classifica europea siamo penultimi. Naturalmente i paesi che offrono maggiori aiuti alle madri sono tutti al nord, la Finlandia è la prima, seguita da Svezia, Danimarca e Olanda. In Italia, al sud, le strutture pubbliche per l’infanzia sono così poche che meno di tre bambini su 100 possono aspirare a 1 posto in un asilo-nido che non sia a pagamento, ma non è che salendo lungo lo stivale la situazione migliori tanto. I dati sulla scarsa natalità nel nostro paese sono da imputare anche all’assoluta assenza di tutele e di aiuti alle famiglie: non ci si può permettere, di questi tempi, di rinunciare a uno stipendio (quello della donna) per fare figli. Se pensiamo a quanti contratti di lavoro sono a tempo determinato è facilissimo dedurre che una donna incinta perda il lavoro.

Una legge della Fornero del 2012 che è entrata in vigore nel 2013 consentirebbe alle donne lavoratrici erogazioni per acquisti o servizi (babysitting) per i loro bambini per 300 euro al mese. Allora l’aiutino c’è! C’è, ma sempre secondo la filosofia della flessibilità, nel senso che l’aiutino si può ricevere solo se si rinuncia agli 11 mesi di congedo parentale, che è quello successivo al congedo di maternità. Questo è, 300 euro al mese durante i mesi in cui la mamma torna a lavorare rifiutando il congedo. Inutile stare a discutere sulla cifra, chi ha cresciuto un bambino sa bene quali sono i costi da sostenere.

Parlano tutti di famiglia, la famiglia italiana è la più esaltata ma stranamente è anche la meno tutelata. Sulle quote rosa  ci hanno ammorbato per mesi, vuoi vedere che adesso dovremo sorbirci i lamenti delle parlamentari che rivendicano il diritto a fare le madri senza dover rinunciare al lavoro? Prima le donne e i bambini, giustissimo, ma prima le cittadine comuni, allora, quelle che le difficoltà quotidiane devono sempre risolversele da sole perché lo Stato non c’è. Signore deputate, occupatevi prima dei problemi davvero gravosi delle cittadine comuni e dopo saremo tutti ben felici di vedervi in Parlamento insieme ai vostri bimbi e di apprezzare l’istituzione di asili-nido e nursery a Montecitorio. Altrimenti che facciamo, capovolgiamo le regole? Non siamo noi a dover tutelare voi, ricordatelo!

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