Il panico quotidiano di Christian Frascella

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Christian Frascella ha scritto un libro portentoso: ha avuto la forza per raccontare ciò che gli attacchi di panico fanno della vita di una persona. Ha tratteggiato la sua storia con precisione, inventando un linguaggio non definibile, perché quando si vuole mostrare agli altri l’ineffabilità e l’impalpabilità del malessere psichico le parole cambiano, il loro senso si dilata o si restringe, si fa a tratti scandaloso. Il protagonista del libro è proprio l’autore, il quale in un giorno qualunque mentre sta svolgendo il suo solito lavoro in fabbrica  si sente male. Molto male. Più precisamente viene squassato, abbandonato, poi raccolto, poi nuovamente sbattuto e sbranato da un’invisibile bestia feroce. Crede che per lui sia arrivato il momento di morire, lì davanti ai suoi colleghi, a neanche trent’anni e senza preavviso. Quando un medico in ospedale gli dice che ha avuto un attacco di panico Frascella se la prende tanto, non ci crede, non sa neppure cosa sia quella roba. “Impossibile – si ripete – non io, non a me”. E’ solo il preludio di un lungo tormento, perché il panico scatena una crisi capace di rovinare tutto, di distruggere i rapporti con le persone care, di fiaccare la volontà, di svuotare un essere umano fino al punto da spingerlo a decidere che è meglio nascondersi, smettere di andare e venire e desiderare e fare progetti. Chi soffre di attacchi di panico rinuncerebbe a qualsiasi cosa pur di non fare i conti col mostro che è dentro di lui e che lo terrorizza.

Christian Frascella ce la fa, alla fine. Ce la fa ad accettare di convivere con le irruzioni del mostro, e man mano che il tempo passa  le crisi si diradano, si fanno sporadiche. Soprattutto ce la fa a ricongiungere il centro di sé con la periferia di sé, con quella zona d’ombra che si nasconde dentro ognuno di noi e nella quale stanno stipati per anni (talvolta per sempre) interi repertori di ricordi, fantasmi, segni e relazioni, un vacuum cleaner di spezzoni come rifiuti che non si possono riciclare a meno che da quella periferia essi non rigurgitino fino alla superficie. E se accade prendono le sembianze del panico, si trasformano nella paura di vivere. Frascella è uno di quelli che sudando e soffrendo trasforma il sintomo in opportunità, magari fidandosi di qualcuno che arriva per caso e che neanche si rende conto di avere un potere salvifico, più  di qualunque farmaco; e magari decidendo di cambiare molte cose: il lavoro, gli amici, la donna amata. La sua forza sta proprio in questa determinazione, la sua bellezza sta in questo coraggio.

Dovrebbero leggerlo tutti, un libro così. Per una ragione che va ben oltre il semplice piacere di godersi  un ottimo romanzo. La ragione è che le persone hanno paura del malessere psicologico perché non lo comprendono, scappano, e spesso arrivano a considerare “diversi” o matti coloro che patiscono per una malattia che non sta nel corpo ma nella mente. Adesso che si fa coming out su qualunque cosa, il male di vivere rimane ancora un segreto, un tabù. Forse l’ultimo. Christian Frascella ha voluto infrangerlo.

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