Verso il futuro camminando all’indietro

Share

Verso il futuro camminando all’indietro

Se si prova a invocare formalmente e ipocritamente il rispetto dei valori istituzionali non si fa altro che accentuare il divario tra l’opportunismo dei potenti e l’esigenza di verità e di giustizia delle masse.

Verso il futuro camminando all’indietro. Il potere delle istituzioni in Italia non ha mai sperimentato un livello tanto basso di credibilità: ha distrutto tradizioni e tessuto sociale non sapendo reagire al dilagare della corruzione e mettendosi al servizio del capitale monopolistico. Si è scavato la fossa con le sue stesse mani, ha perduto quell’allure che gli permetterebbe di giustificare se stesso e lo stato delle cose attuale. Come fa lo Stato a risacralizzarsi? Oggettivamente non può. Per quale ragione Napolitano è stato criticato per aver detto che il pericolo oggi è l’eversione? Perché non è più possibile contenere le masse nelle loro pulsioni quando le istituzioni sono state totalmente incapaci di regolare le loro pratiche e la vita collettiva della società. Quando si è voluto negare il futuro e il progresso dedicandosi soprattutto agli interessi personali e particolari – tutti a breve scadenza – non si riesce a contrapporsi allo sfacelo neppure con l’autorevolezza insita nell’età, e dunque succede che nel momento in cui il vecchio Presidente prova a invocare formalmente il rispetto dei valori tradizionali non fa altro che accentuare il divario tra l’opportunismo dei potenti e l’esigenza di verità e di giustizia della gente. Anche D’Alema, facendo parte di un vecchio sistema ormai non difendibile, è stato contestato duramente durante la sua partecipazione allo sciopero generale: ha dichiarato che c’è il rischio di uno scollamento tra politica e cittadini. C’è il rischio? E’ già avvenuto da molto tempo quello scollamento, ma si finge ancora di paventarlo, di poterlo prevenire e curare. La disaffezione generale e crescente ha generato due mostri: la politica “anti” e l’astensionismo. D’Alema conosce, vede e analizza questi fenomeni, ma in pubblico finge che la separazione tra cittadini e potere non sia già una realtà concreta e probabilmente irrimediabile.

La fine dell’autorevolezza pone i cittadini in una situazione di rifiuto nei confronti della tradizione così come è stata ridotta: scuola, università, mondo del lavoro, politica, tutto viene ridiscusso senza però avere a portata i mano gli strumenti per il cambiamento. Esso è virtuale e immaginato, e rimarrà virtuale fino a quando la contrapposizione non si sposterà: per adesso sul campo di battaglia ci sono gli anti-politici e i loro avversari, che sono coloro che riconoscono e difendono il sistema istituzionale per un interesse a breve termine oppure per paura. Ma l’antipolitica cosa fa? Ci è davvero d’aiuto? Le spinte anti-istituzionali sono generiche, si basano sulla genesi del nemico da distruggere ma non tengono in alcun conto la crisi aberrante della cultura e dell’educazione, anzi la rafforzano. La trasmissione di una coscienza costruttiva ai ragazzi avviene solo attraverso la formazione culturale: i due partiti dell’antipolitica ignorano totalmente questo aspetto. Tutti e due gli schieramenti pur non somigliandosi si propongono ai cittadini alla stessa maniera, sono contro qualcuno o qualcosa: lo straniero, la casta, i corrotti, il meridionale, non importa, qualsiasi categoria può essere utile allo scopo di creare false prospettive e falsi obiettivi. E’ la democrazia malata che ha generato la mucca pazza del populismo [cit. A.Mastropaolo].

Le conseguenze di una sostanziale assenza di serie alternative allo status quo sono tre, e nessuna delle tre è positiva: la prima – molto poco verosimile – è che i due partiti “anti” raccolgano, alla fine, i consensi necessari a dominare la scena; la seconda è che i due partiti di governo riescano a costruire una roccaforte veramente inattaccabile per continuare con i soliti sistemi e gli stessi metodi che dichiarano ipocritamente di voler rottamare; la terza è conseguenziale al fallimento della seconda, ed è l’irruzione sulla scena di un regime dittatoriale. In conclusione l’unica possibilità che abbiamo per tentare di salvarci è che nasca da qualche parte un partito nuovo di sinistra, un Syriza italiano, un Podemos italiano: per arrivarci bisogna che le persone si chiamino in causa, aprano la mente e la smettano di seguire Lega e M5S.

 

Share
Precedente Siamo circondati, che entri il dittatore Successivo Diva suo malgrado