C’è Zelig alla presidenza del Consiglio

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C’è Zelig alla presidenza del Consiglio. Ormai lo sanno anche i bambini: chi ha scelto Matteo Renzi come premier lo ha fatto col preciso intento di creare un trait d’union efficace tra PD e FI. Con Letta, nipote di Gianni, credevano di potercela fare e invece hanno capito che non aveva appeal per sedurre le masse, il suo governo aveva pur sempre una patina polverosa che sapeva di vecchio e quella patina non è sparita né arruolando la ministra di colore né la sportiva estranea al mondo degli intrallazzi. Le due signore non dovevano far nulla e non hanno fatto nulla. La Idem l’hanno usata per farci credere che Letta volesse far pulizia chiedendo le sue dimissioni per qualche infrazione nella vita privata. La Kyenge era utile per scatenare false polemiche coi razzisti della Lega, tanto per distrarci un po’. Chi non fa parte dell’entourage si tratta più o meno così. Poco male, perché intanto le due ex ministre resteranno – come tutti gli altri – parlamentari a vita.

I legami di Enrico Letta con la destra berlusconiana apparivano deboli e occorreva arrivare alle elezioni europee con un prodotto più fresco che fosse in grado di convogliare i voti verso il PD, e così è stato, con grande gioia dell’ammaccato Berlusconi e di Alfano l’inane. Si è formata una bella roccaforte inattaccabile, e il bello è che alla fine l’abbiamo legittimata noi con le nostre matite.

Renzi è perfetto per il consolidamento definitivo del partito unico che fa finta di non essere unico, ha una solida amicizia con Verdini, – “segretario” particolarissimo di Berlusconi –  è dotato di una parlantina irrefrenabile, riesce a dare la sensazione di fare molto e velocemente anche se non si muove e infine ha un passato politico talmente conciso da sembrare ai più distratti nuovo di zecca. Certo, è stato sindaco di Firenze, ma questo particolare non dà ai cittadini l’impressione che Renzi sia un politico navigato, uno di quelli con le mani in pasta che ha contribuito alla rovina del paese. Il fatto che sia stato sindaco d’altra parte non rappresenta neanche una garanzia sulle sue reali capacità di statista. C’è chi dice che non abbia governato un granché il capoluogo toscano. Ma al paese, secondo i disegni di quelli che contano davvero, non serve affatto uno statista di provata esperienza e specchiata onestà.

Lo definiscono rutelliano, andreottiano, tatcheriano, e all’inizio del suo mandato lo consideravano il Blair italiano: estasiati ce lo presentavano come ultima spiaggia e ultima speranza. Renzi è uno, nessuno e centomila, magari ha preso solo da mamma e papà. Sostanzialmente ha una personalità multipla, si adatta come un camaleonte alle situazioni , esattamente quello che ci voleva per far contenti tutti e contemporaneamente scontentare tutti. Il pensiero unico deve essere elastico e adattabile, non siamo negli anni ’20.

Che cosa sta aspettando Renzi? La lentezza nel cercare di risolvere i nostri reali e gravissimi problemi è praticamente uguale a quella di Letta. Si mette mano a una riforma discutendone all’infinito e poi si lascia sul tavolo e si passa alla seguente, se ne discute e si fa rumore e poi la si lascia di nuovo sul tavolo. Ogni volta ci dicono che ora basta, la riforma si fa tra una settimana, e ogni volta non succede niente. Dopo la legge elettorale e il Senato col jobs act è lo stesso, stavolta per alimentare la manfrina hanno tirato fuori l’articolo 18: sanno benissimo che abolirlo non servirebbe proprio a niente ma dato che è un simbolo fa comodo usarlo per perdere tempo, non concludere niente e dare perfino l’impressione che all’interno del PD vi sia ancora un po’ di vitalità e che sotto sotto non è vero che il PD si pieghi ai voleri di FI: lo fa dopo aver mostrato disappunto. Renzi annuncia che il jobs act deve passare prima dell’8 ottobre. Il numero 8 simboleggia l’infinito. Eugenio Scalfari in una recente apparizione televisiva (la prima puntata di Di martedì) lo ha detto chiaramente: le riforme? Ma è da pazzi o da ingenui credere che si possano fare velocemente. Non sarebbe sufficiente neanche una intera legislatura. E quindi? E quindi la nave va.

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