Squatters

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Squatters: ci sono ma non si vedono e non si sentono, un pò perché la tendenza a far sparire gli antagonismi e a inghiottire il particolare nel generale si è raffinata, un pò perché gli squatters hanno un loro modo di vedere le cose che privilegia l’agire più che il parlare e più che la ribellione. Lo squatter non crede che le cose possano cambiare a favore degli individui meno fortunati e molto disinseriti, sa che le istituzioni non ascoltano e quindi tace. Lo squatter è molto intuitivo, si è reso conto da tempo che il politico non decide ma esegue, ha capito che chi comanda sono le organizzazioni che gestiscono finanza ed economia. Parlare con chi negherà sempre alle masse quei diritti sanciti nelle Costituzioni è inutile, questo è il senso della posizione degli squatters.

Chi sono? In poche parole sono i senzatetto del globo, sono persone che a loro modo rispondono ai problemi irrisolti di una crisi che non sembra voler finire. Sono sparsi dovunque, in Italia ce ne sono forse cinquemila, in Inghilterra molti di più, almeno ventimila. Occupano spazi abitativi o ex fabbriche, ex magazzini abbandonati e li rimettono a posto, li ristrutturano con pazienza. quando tutto è in ordine cercano accordi con le istituzioni e pagano anche le utenze di acqua, luce e gas. Il problema è che l’occupazione abusiva di un edificio, seppure trascurato da trent’anni e in procinto di cadere a pezzi, è un reato quasi ovunque. Dal 2012 è un reato anche in Inghilterra, Cameron ha voluto così.

Gli squatters di tutto il continente si sono riuniti a Dublino pochi giorni fa. Non si tratta esattamente di un movimento univoco, gli squatters sono poco omogenei per radici culturali e idelogiche, alcuni sono artisti, altri non hanno un lavoro, altri si ma non riescono a pagarsi un affitto. Alcuni provengono da occupy, altri sono legati ai movimenti eco-terroristici, in comune hanno il desiderio di trovare nicchie e spazi per dare senso all’insensatezza del mondo industrializzato che sembra essere privo di prospettive per il futuro che non siano strettamente attinenti alle logiche severe del mercato, anche se questo significa andare contro le persone. In una società compromessa che contraddice agli interessi di tutti i suoi membri, l’unica strada praticabile diventa, per lo squatter, l’autoesclusione, oppure anche la gioiosa e semplice creazione di luoghi alternativi in cui abitare , luoghi precari, perché sgomberi e demolizioni sono sempre più frequenti.

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