I giornalisti palestinesi valgono meno

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I giornalisti palestinesi valgono meno

Je suis Gaza è il titolo di un articolo apparso dopo la strage di CHarlie Hebdo sul quotidiano palestinese Haaretz, che ricorda al mondo intero i tanti giornalisti uccisi a Gaza. La redazione del giornale è stata prontamente minacciata e insultata dai nazionalisti israeliani.

I giornalisti palestinesi valgono meno. La scorsa estate in pochi giorni a Gaza furono uccisi dagli israeliani ben 17 giornalisti palestinesi, ed altri 19 rimasero feriti. Negli stessi giorni perse la vita nella striscia di Gaza anche l’italiano Simone Camilli, che stava cercando di disinnescare un ordigno inesploso. Nonostante il sindacato dei giornalisti palestinese avesse chiesto di aprire un’inchiesta indipendente che facesse luce sulle cause e le responsabilità di tutte quelle morti non se ne è saputo più niente. Israele dichiarò “noi non tocchiamo i giornalisti ma loro a volte si espongono al pericolo”. Sappiamo benissimo che nei territori di guerra si rischia la vita, ma sappiamo benissimo che solitamente stampa e medici, soprattutto, dovrebbero essere protetti e non bombardati. Non si può parlare di casualità né di spericolatezza per tutti quei morti, purtroppo. Alcuni di essi sono stati uccisi in circostanze che si possono definire “di sicurezza”. Faccio qualche esempio: 

Khalid Reyadh Hamad si trovava in un’autoambulanza insieme a personale medico e paramedico perché stava girando un documentario sulle difficoltà enormi dei soccorsi a est della striscia di Gaza; l’autoambulanza fu colpita in pieno da un missile. Intelligente, immagino, dato che ci hanno sempre rassicurato sulla chirurgica precisione di droni e missili. Abdulrahman Abu-Hayyin, Ezzat Dahir, Ahed Zaqout, Najhla Al-Haj e Hamada Khaled Maqqat sono stati uccisi nelle loro abitazioni colpite da missili. Hamed Shehab è morto in seguito ad un attacco mirato alla sua auto, sulla quale era visibile la scritta TV. Rami Rayan, Mohammed al Nour al-Din al-Deiri e Sameh al-Aryan morirono durante una tregua di 4 ore, il primo mentre filmava i cittadini che facevano provviste alimentari al mercato e gli altri due stavano invece documentando i soccorsi ai feriti. Anche alcuni edifici sedi di uffici dei media televisivi non furono risparmiati.

Dopo i fatti di Parigi il quotidiano palestinese Haaretz ha intitolato un articolo “Je suis Gaza”, e naturalmente i giornalisti sono stati subito oggetto di minacce e  insulti da parte dei nazionalisti israeliani che hanno augurato loro di morire e che si sono rammaricati che i terroristi, piuttosto che la redazione di Charlie Hebdo, non abbiano ucciso loro. La notizia, qui in Italia, è stata riportata con tale sobrietà e un tale minimalismo che se non si fa molta attenzione sfugge completamente.

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