Questo paese non è in buone mani

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Questo paese non è in buone mani. In questo momento gli attori principali sulla scena politica sono tre: Renzi, Grillo, Berlusconi. Cominciamo dal primo, che è il Presidente del consiglio più chiacchierone e osannato di tutti i tempi, ancor più del suo predecessore perché almeno prima la stampa reagiva e criticava, adesso se proprio qualcuno non vuole elogiare il premier, tace, e questo vale come silenzio-assenso. Renzi sta facendo le riforme. Non fa altro che dirci, seguito a pappagallo dalla ministra Boschi, che gliele chiedono gli italiani. Si tratta di una mezza verità, dato che gli italiani le riforme le vogliono, ma quelle fatte bene, vere, quelle che possono cambiare in meglio le condizioni dell’Italia. E quali sono le caratteristiche delle riforme buone? Il rispetto di valori etici, come per esempio la giustizia e l’uguaglianza, il rispetto della democrazia che quindi contempla la partecipazione dei cittadini e non il rafforzamento autoritario del potere. Prendiamo per esempio la riforma del Senato, che non lo abolisce affatto ma che lo trasforma: si vuole semplicemente, intortandoci con bugie sul risparmio e l’assottigliamento delle presenze, favorire l’esecutivo togliendo di mezzo definitivamente il legislativo, in modo da avere una forza decisionale senza intralci di alcun genere. Renzi, insomma, fa sue le riforme che piacevano a Gelli e a Craxi e che piacciono a Berlusconi.

Veniamo a lui, a Berlusconi. Indebolito, certo, ma ancora capace di conservare un elettorato fedele e di partecipare molto, troppo concretamente alle suddette riforme. Praticamente è l’ago della bilancia del governo. Oltre a questo tuona ancora contro la magistratura e parla di presidenzialismo. Quel che conta di più è l’eredità che ci lascia, il berlusconismo, che ha cambiato in vent’anni il paese, le persone, la percezione della realtà, lo spirito e l’etica attraverso una sottocultura che ha fatto molta strada soprattutto attraverso il mezzo televisivo. Ci vorranno ancora anni perché si guarisca : ci sono giovanissimi che col berlusconismo ci sono cresciuti, e non ne hanno alcuna colpa.

Rimane Grillo, che insieme a Casaleggio ha fatto una serie impressionante di errori strategici e politici e ne paga le conseguenze anche se sta cercando di cambiare registro e di rimontare in sella. Da una parte, in Europa, stringe un’alleanza più che discutibile con il gruppo di Farage spacciandola per scelta democratica della rete, e in Italia finalmente decide di partecipare e dire la sua sulle riforme. La scelta europea avrà delle conseguenze anche nel nostro paese, nel senso che un movimento “né di destra né di sinistra” che rompe gli indugi e accetta di sedere al Parlamento europeo al fianco di veri e propri fascisti con la scusa che i veri fascisti sono gli europeisti perderà elettori a sinistra e ne conquisterà altri a destra, probabilmente. Perché hai voglia a dire che siamo post-ideologici, ma a tutto c’è un limite, e se Farage, gli svedesi e i lutuani vuoi farli passare per democraticissimi amici delle masse oppresse qualcosa non torna. Quanto alla richiesta di dialogo con Renzi e il Pd, arriva troppo tardi. Grillo è un uomo di spettacolo, dovrebbe sapere bene che a teatro, se sbagli i tempi, la recita è rovinata. Soprattutto se sottovaluti la scaltrezza dei tuoi avversari.

Morale: chi ci perde siamo noi, cittadini trattati come cretini, da tutti e tre.

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