Se pronunci la parola “femminicidio”

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Se pronunci la parola “femminicidio”

Femminicidio, un vocabolo nuovo per sottolineare ed attestare l’esistenza dei crimini contro le donne, un vocabolo che infastidisce troppi uomini che non accettano la distinzione di genere.

Se pronunci la parola “femminicidio” molti uomini si ribellano, la prendono come un’offesa personale e cominciano a sciorinare statistiche per dire che non è vero che gli omicidi nei confronti delle donne sono aumentati, e che non esistono omicidi “diversi”, che le vittime, siano esse uomini, donne o bambini, sono tutte uguali e la differenza la vogliono vedere solo le femministe, oppure le donne che hanno la fissa del sessismo. Purtroppo non è così. Purtroppo in tutto il mondo muoiono ammazzate troppe donne, e troppe donne subiscono soprusi e violenze da parte degli uomini, sia in ambito familiare che non. Perfino nel nord Europa, in Svezia come in Finlandia dove le donne sono emancipate praticamente da sempre, il numero di femminicidi è molto alto. Se ci chiedessimo tutti insieme il perchè potremmo fare un passo avanti. Se ammettessimo che esistono uomini incapaci di considerare le donne altro da sé e non soggetti su cui esercitare un possesso assoluto potremmo cominciare a pensare che nell’educazione che impartiamo a casa e a scuola ai nostri figli c’è qualcosa di sbagliato, e potremmo rimediare. Cresceremmo figli consapevoli, in grado di rispettare gli altri e di attribuire a tutti un’alterità.

Il caso di Motta Visconti è emblematico, perché in questa tristissima vicenda non siamo di fronte a un marito-padrone, a un violento, a un individuo che non riesce ad accettare l’autodeterminazione della moglie. Niente di tutto questo. Siamo di fronte a una famiglia normale, evoluta, apparentemente serena. Succede che il marito si innamora perdutamente di una collega d’ufficio, e non viene ricambiato. Nella sua mente prende corpo l’idea che se non ci fossero sua moglie e i due figlioletti a intralciare il cammino, la collega potrebbe ricambiare e riamare un ragazzo finalmente libero e senza legami. Non è pensabile per lui risolvere tutto con un divorzio: la donna e i due bambini continuerebbero ad esistere, a far parte della sua vita rinnovata, costituirebbero un legame indissolubile col passato e rappresenterebbero una responsabilità di cui farsi carico, soprattutto i bambini. No, troppo complicato. Bisogna eliminarli definitivamente, per sempre.

Che cosa accade nella mente di un uomo quando coltiva pensieri simili? Accade che egli, come un bambino, è narcisisticamente il centro del mondo, è l’inizio e la fine di ogni cosa, si sente legittimato a soddisfare i suoi bisogni e i suoi desideri ed è convinto che gli altri tre, quella moglie e quei figli, siano roba sua, un’appendice priva di un valore “di per sé” : essi hanno una valenza positiva o negativa solo in rapporto alle sue esigenze personali, alle sue frustrazioni, ai suoi problemi. Smettono di essere intimi e cari, non sono persone, si trasformano in gabbia, intralcio, fastidio. E li ammazza per rifarsi una vita diversa, più piacevole, immaginata a lungo come un eldorado.

Donne e bambini: bisogna che gli si riconosca alterità, bisogna davvero che la società, ancora patriarcale e repressiva, si prepari ad un nuovo percorso che sia culturale e di liberazione sia per gli uomini che per le donne. Da dove iniziare se non nelle case? Bisogna farlo da subito, quando i figli iniziano a parlare e a camminare. Dopo è già tardi.

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