Partecipazione e democrazia

Share

La domanda è: c’è un nesso tra cultura civica, partecipazione e democrazia? Non solo nei periodi che precedono le elezioni ma ormai costantemente gli italiani dimostrano una faziosità politica ed una partigianeria molto accentuate. Questo dipende senz’altro dal nuovo linguaggio e dai nuovi modi che i leader politici hanno adottato ma anche da una maggiore competenza: in passato, fatta eccezione per alcuni gruppi sociali impegnati dal punto di vista sociale e politico, gli italiani erano piuttosto indifferenti nei riguardi del sistema democratico e in generale il loro interesse per la cosa pubblica era scarso. Soprattutto al sud e nelle fasce sociali più povere i cittadini non avevano nessun legame con la politica la quale appariva talmente lontana dalle realtà di cui avevano esperienza da considerarla inefficace a produrre significativi mutamenti o miglioramenti in quelle realtà particolari. Oggi non si può neanche più sostenere che l’attaccamento ai problemi del paese sia strettamente correlato al grado di acculturazione dei cittadini. Non c’è più differenza tra i vari livelli di istruzione: gli individui si uniscono in gruppi anche del tutto informali, gruppi che prima erano estraniati o asociali, ed agiscono politicamente aspirando a ricoprire un ruolo non più marginale persino quando vanno allo stadio per tifare la propria squadra.

Nel nostro particolare microcosmo c’è un parrocchialismo che si concentra soprattutto intorno ai due poli principali: PD e M5S, ed anche in questo si nota l’assoluta omologazione degli atteggiamenti faziosi e intolleranti sia dei giovanissimi che degli adulti, sia dei più istruiti che dei meno acculturati. Tutti uguali : si difende la propria “squadra” politica a spada tratta, lo si fa con la derisione, le offese, la diffamazione, la denigrazione, l’uso estenuante di nomignoli e parolacce. I nostri politici si danno del mafioso o dell’assassino e non c’è nessuno che s’indigni o che si spaventi, perché bisognerebbe spaventarsi. Gli argomenti sono quasi del tutto scomparsi dalla scena, come se non ve ne fosse più bisogno, come se si sapesse a priori che il dialogo è impossibile tanta è la diversità che caratterizza i due schieramenti. Non ci sono più destra e sinistra, dicono, in compenso siamo arrivati a due concezioni opposte del sistema tra le quali si è interrotto il flusso vitale della dialettica.

Oltre a questa anomalìa esclusivamente nostrana, stiamo assistendo anche oltre i nostri confini all’esacerbazione di un conflitto tra classi dirigenti e masse. Le cause di questa spinta forte alla protesta e alle rivendicazioni dei diritti sono tantissime: la crisi economica, la forte delusione derivata da un “cattivo funzionamento” della macchina del capitalismo, la grande e nuova libertà di espressione e di informazione dovuta al web e particolarmente ai social, la globalizzazione eccetera.

Il problema sta nella sensazione crescente, da parte delle persone comuni, che vi sia una mancanza di equilibrio tra il potere dei governi e la possibilità di controllo dei governati. L’equilibrio non c’è, effettivamente. La fiducia nelle istituzioni è scarsa, direi che ormai anche coloro che posseggono per educazione e per tradizione una certa disponibilità alla “deferenza” verso le istituzioni e verso lo Stato sono intristiti dalla pochezza dei risultati che gli uomini e le donne di potere conseguono, quindi sostituiscono il rispetto col dubbio e la disistima.

Un buon rapporto armonico tra Stati e cittadini dovrebbe essere un misto di attivismo e di passività, di impegno e di fiducia, di influenza ma anche di delega. Come ci si arriva se questo rapporto è inquinato da promesse non mantenute, indifferenza, scarsa tutela delle minoranze e scarsa tutela dei più sfortunati, dei meno ricchi? Come ci si arriva se coloro che dovrebbero fare da tramite tra potere e popolazione mentono, non raccontano, non descrivono, non accusano ma il più delle volte insabbiano e proteggono col silenzio? Come ci si arriva se persino i ragazzini di dodici anni hanno compreso che chi comanda veramente non sono più i signori e le signore che rappresentano i partiti politici ma la finanza e le banche? Non ci si arriva. Il vizio sta forse nei fondamenti stessi? Si, se a dirigere le cose del mondo rimarrà un potere invisibile, innominabile, ché se cerchi di dargli un nome ti senti ridicolo.

Share
Precedente Recalcati e la psicopatologia del grillismo. Successivo Le cosche vengono a trovarci a casa