La cultura pop

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La cultura pop

La nuova cultura pop è un melting pot nel quale l’influenza della cultura pubblicitaria è notevole tanto quanto è notevole l’influenza degli inglesismi legati alla frequentazione del web, e tanto quanto è notevole e rivoluzionaria la forza espressiva condensata in un video musicale

La cultura pop più recente è soprattutto legata alle immagini, ma anche a un nuovo linguaggio. Di questo gli scrittori e gli editori devono necessariamente tenere conto. Lo fanno ma l’e-book non basta, lo fanno ma anche a discapito della qualità, indirizzando spesso i lettori verso prodotti commerciali che per attrarre “consumatori” finiscono con l’imitare anche male i film cosiddetti di cassetta: così si  alimenta la sottocultura del disimpegno. Scrivere, un tempo come adesso, significa andare giù in verticale nell’anima, accompagnarci in un viaggio, significa far venir voglia al lettore di scavarsi dentro, significa indurlo a pensare “questa frase sono io, questo personaggio sono io” perché si riesce a tradurre attraverso la narrazione un pensiero che è universale. Scrivere è far credere che a certe domande, le stesse da sempre per tutti, ci sia una risposta da qualche parte. Anche attraverso la contaminazione pop. David Foster Wallace in un’intervista del 1996 riproposta da minima&moralia lo scorso febbraio e decisamente attuale, affermava:

“Bisogna capire come può la letteratura ricavarsi un suo spazio in un’epoca di questo tipo. Si può provare a […..] capire in che modo la letteratura possa ancora affascinare un lettore la cui sensibilità è stata in massima parte formata dalla cultura pop, senza però diventare soltanto una cacata fra le tante nella macchina della cultura pop. È qualcosa di incredibilmente difficile, sconcertante e spaventoso, ma è un bel compito. C’è una quantità enorme di intrattenimento di massa ottimo e irresistibile: credo che nessun’altra generazione prima di noi si sia trovata a fronteggiare una cosa del genere. Essere uno scrittore oggi significa questo. Credo che sia il miglior momento possibile per stare al mondo e forse il miglior momento per fare lo scrittore. Certo, dubito che sia il più facile.”

Non è facile per niente. L’imperativo è immediatezza. Pensiamo alla pubblicità: quante pubblicità al giorno ci sorbiamo? Una quantità incredibile se calcoliamo quelle dei cartelloni per strada, quelle sugli autobus e in metro, quelle che ascoltiamo alla radio, quelle che vediamo in tivù, quelle che danno al cinema, e tutte quelle nel web e sui social, compresi i banners e gli advergames. Anche se le riceviamo distrattamente è molto probabile che la dose giornaliera per ognuno di noi superi mediamente la soglia di tollerabilità. Ci entrano nella testa e caratterizzano ormai anche il nostro modo di parlare, di pensare e di scrivere. Le prerogative fondamentali del messaggio pubblicitario stanno, oltre che nelle immagini, nel linguaggio: brevità, tecnica della persuasione, emozionalità, sessualizzazione estrema dei prodotti (dai cibi alle auto passando per gli alcolici), retorica, e soprattutto “anarchia” espressiva. La pubblicità ha inventato nuove parole, ha storpiato o modificato termini usuali, ha rubato molto dallo slang giovanile e di conseguenza anche il modo privato e personale di comunicare degli adulti è cambiato, non solo perché adoperiamo e facciamo nostri senza accorgercene termini usati nella pubblicità (coccoloso, emotico, brillioso, flex, brand, esagerata, permanentata) ma anche perché ne coniamo di nuovi continuamente. Doppi sensi, paradossi e ripetitività propri della comunicazione pubblicitaria  fanno parte del lessico quotidiano. il linguaggio dei giovanissimi ha avuto e sta avendo un’evoluzione in questo senso davvero inarrestabile: il loro slang si trasforma più velocemente rispetto a venti anni fa, viene copiato e amplificato dai media, diventa moda passeggera. La nuova cultura pop è un melting pot nel quale l’influenza della cultura pubblicitaria è notevole tanto quanto è notevole l’influenza degli inglesismi legati alla frequentazione del web, e tanto quanto è notevole e rivoluzionaria la forza espressiva condensata in un video musicale, nel quale in tre minuti si racconta una storia completa. Il video musicale è figlio legittimo dello spot pubblicitario. In questo panorama la scarsa propensione dei giovani a leggere libri è conseguenziale. E’ lo scrittore che deve risolvere il problema, perché una generazione che ritiene di poter fare a meno della letteratura è un problema serio.

Wallace diceva a questo proposito che tutto il materiale pop che i giovani scrittori assorbono lo riversano nei loro libri esattamente come cento anni fa gli scrittori descrivevano paesaggi, fiumi e alberi perché l’elemento della natura era molto presente nella loro realtà: la cultura pop non è materiale di scarto come qualche intellettuale afferma, è semplicemente parte integrante dell’esistenza, oggi, e non si può ignorare né escludere. La difficoltà enorme consiste nell’elevare tale realtà e concepire una letteratura alta.

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