Te spiezo in due

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Te spiezo in due

Te spiezo in due tuonava Arnold Schwarzenegger sulla faccia di Sylvester Stallone prima dell’incontro di pugilato più simbolico che la filmografia statunitense ci abbia regalato: Russia contro USA, l’uno era l’impero del male dell’altro. Un flashback dentro un passato relativamente recente eppure lontanissimo in cui la guerra fredda tra due superpotenze contrapposte garantiva stabilità. C’era una volta un mondo che si reggeva sull’equilibrio della bipolarità, che non esiste più e che è stato sostituito dall’instabilità della globalizzazione. Dopo la caduta del muro di Berlino tutti hanno sperato in un riassetto del mondo che fosse più giusto, che puntasse all’uguaglianza e ai diritti, che offrisse molte più opportunità rispetto a prima del 1989. Invece è accaduto esattamente il contrario. Stiamo peggio e le disuguaglianze sono ormai incolmabili. Siamo molto più fragili, esposti e insicuri di quanto non lo fossimo negli anni della guerra fredda. Alcuni analisti lo avevano previsto molto prima che fosse evidente. Forse due poli contrapposti esistono ancora, e sono il nord e il sud della terra. Al sud scoppiano guerre violentissime e intere nazioni vengono rase al suolo, ma è soprattutto il nord che ha interesse alla destabilizzazione: per il petrolio e anche per garantirsi un tenore di vita e una ricchezza che mai hanno traballato come negli ultimi anni. Con la globalizzazione si sono verificati due fenomeni : il primo ha nettamente separato l’economia reale da una parte e la finanza da un’altra, laddove la forza della seconda è indifferente o addirittura antitetica alla sofferenza della prima, per cui si potrebbe dire che le masse e il potere sono il sud e il nord del capitale, due poli contrapposti. Il secondo fenomeno riguarda paesi come Cina e India che hanno spostato il baricentro della ricchezza e ridimensionato notevolmente la centralità dell’occidente.

Gli Stati Uniti non sono più la superpotenza di una volta, ci sono stati e ci sono anche adesso segnali evidenti del deterioramento di quella macchina quasi perfetta che la way of life rappresentava, anche se di fronte ai grandi cambiamenti economici e alla crisi globale che sono partiti proprio da lì, l’America è riuscita a superare il peggio in breve tempo. CIò che gli USA difficilmente riusciranno a recuperare è la leadership indiscussa. L’occidente – di cui l’America è simbolo e baluardo – ha perduto il suo fascino seduttivo sulle masse che hanno potuto vivere sulla pelle e nella vita spicciola il decadimento di un sistema che non solo non è infallibile ma che non garantisce più nulla.

I cittadini americani oggi sanno che i valori fondanti dell’occidente non sono affatto il motore dell’interventismo, dei bombardamenti, delle guerre, delle logiche che una volta apparivano giuste e che Bush ha probabilmente messo in discussione per sempre. Fuori dagli States avviene più o meno la stessa cosa: il filoatlantismo è molto debole nell’opinione pubblica ma resiste dal punto di vista geopolitico, o per meglio dire geoeconomico. Non si ha il coraggio di trasformare il rapporto meno impari tra le varie potenze in un vantaggio, in un fattore di equilibrio. Lo si vede molto bene in Ucraina: la NATO, che Luciana Castellina una volta definiva “dominio monopolare del mondo” forzerà e spingerà fino alle estreme conseguenze e l’Europa la seguirà a ruota. Intanto l’America anche in questo caso viene descritta come il solo gendarme possibile e accettabile del globo perché per quanto fallace è la sola che possa garantire la democrazia. Questo concetto in occidente giustifica qualsiasi decisione e qualsiasi scelta strategica perché è come la fede religiosa: la fede esclude aprioristicamente il beneficio del dubbio per il terrore di indebolirsi.

 

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