Il TTIP ci farà male

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Il TTIP ci farà male

Il TTIP ci farà male e se ne deve parlare. Il TTIP – il più grande monopolio commerciale del mondo – intende eliminare tutte le differenze tra Europa e USA perché le differenze ostacolano il commercio. Serve soprattutto a proteggere la minacciata e già decrescente egemonia americana, la quale insieme alla UE sarebbe in grado di imporsi sulle economie emergenti di Paesi come India, Brasile, Russia e Cina. Ci dicono poco e niente sull’argomento, e ci dicono solo mirabilie: più lavoro, più investimenti, più guadagni per tutti, col Pil che crescerà. Si, certo, dello 0,05% in tutta Europa, e questo secondo le previsioni più realistiche fatte dalla Commissione europea.  Non ci dicono nulla sulle disfunzioni enormi e sui rischi concreti di una concorrenza al ribasso che danneggerà il continente e l’Italia a tutto vantaggio del nostro partner.  Potremmo vedere lavoratori europei e d’oltreoceano farsi concorrenza al ribasso per favorire gli investimenti privati. Potremmo vedere scippare i diritti ai lavoratori se ci uniformassimo ai modelli USA, i quali garantiscono tutele molto limitate rispetto all’ Europa, con la conseguenza che se non ci adeguassimo le imprese europee troverebbero conveniente trasferirsi negli USA impoverendo maggiormente il continente, al sud ancora di più. Marchionne col caso Fiat ha anticipato quella che diverrebbe una tendenza.

Il libero scambio tra l’Europa e gli Stati Uniti può compromettere per sempre la qualità, l’esclusività e la sicurezza dei nostri prodotti agricoli e in generale del cibo che mangeremo. Nel blog ho già parlato delle conseguenze nefaste per la nostra salute a causa dell’invasione di OGM che gli USA non vedono l’ora di mettere in atto: sarà la prima conseguenza del TTIP, ma non la sola. Diremo addio al principio di precauzione e alla denominazione di origine controllata, perché negli States tali garanzie non esistono. L’Italia in particolare ne soffrirebbe: puntiamo da sempre sui prodotti di eccellenza e sulla biodiversità  Non si tratta solo di cibo e agricoltura. Si tratta di modificare regole e garanzie nei settori industriali, chimici e sanitari, si tratta della sicurezza sul lavoro, dello sviluppo sostenibile, del diritto di proprietà intellettuale.

Nel settore industriale per esempio gli americani hanno regole e priorità completamente diversi dai nostri: le industrie private godono di poteri legali enormi. Negli Stati Uniti non esiste la carbon tax per il semplice fatto che il guadagno conta molto di più della salute pubblica. Le industrie petrolifere possono ricorrere al Nafta – Accordo nordamericano per il libero scambio – nel caso in cui uno Stato si vuole ribellare all’estrazione di gas oppure alle trivellazioni per difendere il territorio perché questo atteggiamento compromette i guadagni. Al Nafta si è rivolta la Philip Morris che ha chiesto un risarcimento stratosferico all’Australia rea di aver fatto campagne contro il fumo di sigarette. Immaginare cosa accadrebbe in Europa è facile: gli investitori esteri potrebbero trascinare i governi riottosi davanti ai tribunali internazionali e chiedere i danni per i mancati profitti delle imprese, per cui basterebbe solo questo deterrente a scoraggiare uno Stato dall’occuparsi di tutelare la salute dei cittadini e la salvaguardia dell’ambiente o semplicemente dal contestare una decisione.

L’UE compromette seriamente il nostro futuro stringendo un patto scellerato costruito a misura di lobbisti senza coinvolgere le popolazioni e le parti sociali: anzi, contro di essi. La dittatura del capitale vuole un nord piccolo, concentrato su se stesso e ricchissimo ed un sud immenso, sempre più vasto, povero e sottomesso.

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