Padova e i pazienti musulmani

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Padova e i pazienti musulmani

Padova e i pazienti musulmani: alla Asl 16 della città veneta negli ultimi otto mesi il flusso di migranti di religione islamica è aumentato parecchio, e l’80% di essi è di sesso maschile. I musulmani, uomini e donne, hanno chiesto di essere visitati solo da dottori dello stesso sesso. Questa per loro è una regola ferrea: una donna può essere visitata da una dottoressa e un uomo da un dottore. In altri paesi – per esempio nella vicina Francia – questa prassi è nota da anni e non è mai stata considerata un problema, i medici donne visitano le musulmane e non i loro uomini, e allora? Chi professa la religione islamica generalmente non trasgredisce volentieri, non rispettare le norme codificate dalla cultura a cui appartengono è per gli islamici motivo di disagio, genera sensi di colpa e sconforto. Se tali regole non offendono le nostre il problema non dovrebbe neanche essere discusso. I profughi a Padova non hanno chiesto la luna.

La struttura ospedaliera padovana, per poter svolgere al meglio le visite ai profughi – che sono obbligatorie – si è servita della collaborazione di alcuni medici già in pensione che però non hanno mai smesso di prestare aiuto come volontari in quel presidio ospedaliero. Sono stati reintegrati per il tempo di un anno, ecco tutto. La nota ufficiale della Asl parla chiaro:  “L’organico della Struttura di alta professionalità immigrazione non è tale da fronteggiare la situazione di emergenza, considerando anche il fatto che gli immigrati, quasi totalmente di religione musulmana, rifiutano la visita da parte di un medico donna e i carichi di lavoro delle altre Strutture dell’ente sanitario non consentono che i dirigenti medici che vi afferiscono vengano dedicati all’effettuazione delle visite ai profughi”.

In pratica non è accaduto niente di cui si dovesse parlare, nulla di cui scandalizzarsi e nulla per cui valesse la pena di dare sfogo alla nostra ormai incontenibile xenofobia. Invece si è scatenato un putiferio di critiche: a casa, tornino a casa loro questi maschilisti! Le femministe si sono infuriate. Davvero non succede mai ai maschi italiani di provare imbarazzo se una donna medico li visita in maniera approfondita? Davvero? Davvero nessuna donna italiana ha mai espresso il desiderio di scegliersi una ginecologa perché con un uomo non si sente a proprio agio? Davvero nessuno di noi ha mai considerato le donne medico meno degne di fiducia rispetto ai colleghi uomini? Siamo sicuri? Siamo tutti tanto emancipati? Proviamo a guardare le statistiche: per un intervento chirurgico complesso quanti sono i medici donna che operano e quanti gli uomini? Inutile rispondere, è chiaro che i chirurghi maschi godono di maggiore apprezzamento, sono anche di più rispetto alle chirurghe e di solito guadagnano il 30-40% in più delle colleghe. Prima di dare dei maschilisti ai musulmani guardiamo bene in casa nostra, ché il lavoro da fare è enorme.

Non ci facciamo una bella figura, all’estero ci guardano con molto sconcerto. Stiamo appena cominciando ad assaggiare gli effetti di una migrazione significativa dal punto di vista numerico, e già mostriamo di essere un popolo di razzisti: tranquilli, i profughi qui non ci vogliono stare, vogliono andare altrove, sono costretti a rimanere qui per legge ma se ne andrebbero subito se potessero. Gli episodi di forte intolleranza che si verificano nelle periferie delle grandi città italiane come Roma e Milano scaturiscono da condizioni di disagio sociale, possono essere in parte giustificati dal fatto che talvolta i centri di accoglienza sono più attrezzati e più belli delle abitazioni dei cittadini italiani poveri, ma la colpa del degrado di certi quartieri è dello Stato e non del migrante. Nel caso di Padova a ribellarsi non sono stati i cittadini più sfortunati bensì i ceti medi, quelli alti, le donne. Non c’è niente da fare, la mutazione antropologica del popolo italiano comporta una scarsissima attitudine all’accoglienza. Vince l’intolleranza, a man bassa.

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