Il sacro è morto

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Quando ammazzano qualcuno le parole sono sempre le stesse

 

Il sacro è morto da tempo e al posto della buonanima è arrivata l’ipocrisia con le sue tante facce diverse adatte alle occasioni più disparate. Quando ammazzano qualcuno le parole sono sempre le stesse, opinionisti e politici probabilmente prendono spunto dalle centinaia di articoli e discorsi archiviati e sempre validi, seminano quell’ipocrisia a piene mani : se il morto è un giudice si va all’archivio “vittime eccellenti” e se è un cittadino meridionale si va all’archivio “morti di serie C”. E’ esattamente così che deve aver trovato ispirazione Gad Lerner per scrivere il suo breve articolo in morte di Davide Bifolco, il quale – in nomen omen – valeva meno di zero e come uno zero i carabinieri l’hanno trattato. Anche gli uomini delle forze dell’ordine valgono meno di zero, questo va ricordato sempre, sono meridionali al 70% e li si sfrutta per poche lire al mese. Lerner ha scritto: “Non dimentichiamocelo mai che esiste un’Italia separata e a sè stante, con i suoi linguaggi, le sue gerarchie, le sue regole indifferenti. Anche una morale diversa, credo, tale da contemplare un ruolo di legittimità all’anti-Stato ramificatosi attraverso le organizzazioni criminali mafiose e la loro capacità di gestire la ricchezza in forma parassitaria ma capillare”. Lerner non è solo, altri hanno detto più o meno le stesse cose senza provare ad accostarsi al nocciolo della questione partendo da lontano, perché se non si parte da lontano si finisce col parlare del sud come un fenomeno a parte,una terra abitata da persone con un dna tutto particolare, persone aliene staccate da tutto il resto. Menzogna.

In Italia da sempre se vuoi fare qualcosa devi rivolgerti a qualcuno. I poveri si rivolgono alle mafie, i ricchi ai politici e alle mafie contemporaneamente. I criminali sono un prodotto, e la politica con loro ci fa affari grossi e piccoli, c’è tutto uno scambio di favori, di voti. I signori in giacca e cravatta non compaiono, il lavoro sporco lo fanno fare ai signori col giubbotto di pelle, ma tutti e due impongono la legge della loro personale visione: per essere felici ci vuole una barca di soldi e per farli si deve scendere a compromessi e violare le leggi e le regole. E’ questa la pragmatica italica visione. Lerner scrive che le organizzazioni criminali “gestiscono la ricchezza in forma parassitaria”. Perché? Come fanno ad essere tanto potenti?  La camorra che controlla i quartieri periferici di Napoli oppure gli imprenditori e i  politici che a Milano vanno a braccetto con la ‘ndrangheta per mettere le mani sui grossi appalti sono assolutamente identici. In tutta la società civile  si coltiva un atteggiamento di cinica dissociazione dal popolo di serie C. Che un uomo della cultura di Lerner creda davvero che “la morale diversa” appartenga solo a quel popolo di serie C fa impressione. Chi la alimenta, quella mentalità? Non è forse proprio la parte più “elevata” del paese? E chi combatte contro la criminalità organizzata? Impunità, leggi a favore del malaffare e dei corrotti, silenzi e complicità nascono e prosperano nei Palazzi o no? Il popolo di serie C vede e sente tutto, poi si fa i suoi conti: chi ci viene qui in questo schifoso quartiere sempre in guerra quando ho bisogno?, si dice il poveraccio. Ci vengono le istituzioni o il boss? Il boss, e allora viva il boss perché pure io “aggia campà”. Il falso stupore di tanti di fronte alle parole dei ragazzi amici di Davide Bifolco che dichiarano la loro spudorata verità – “la camorra ci protegge, lo Stato ci uccide” – è insopportabile. Ogni volta si cade dalle nuvole. Ogni volta la stessa recita. La realtà degradata dei quartieri periferici di tutte le grandi città non interessa a nessuno. La gente che abita quei quartieri è morta, e si tira in ballo a ogni tragedia solamente per rivendicare interessi e mentire. Dai morti si riscuote un’eredità, qualche volta. Ecco, anche i cittadini di serie C aiutano a riscuotere quattrini: ci si fa televisione, sulle loro disgrazie, si costruiscono prodotti commerciali spettacolari sul loro orrido mondo di miserie morali. E’ sufficiente, poi, avvolgere il business in carta dorata e dirci che non è mero spettacolo ma che è  uno schiaffo alla corruzione, e serve, e insegna, e addita! Della camorra si deve parlare! Si continuerà a parlarne, non c’è dubbio. Nasceranno su youtube altri video-parodia su cui scherzare e farsi due risate, ci saranno in giro tante teste acconciate con la pettinatura di Genny Savastano, si potranno prendere in affitto altre ville di altri boss in onore al realismo cinematografico e alla fine il cancro sarà ridotto a “pazziella”. Della camorra si deve parlare, Napoli è l’Italia, il mondo!

 

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